Non ti aspetti che Wolfgang Schäuble dica: “L’Europa senza Italia non è concepibile”; o anche: “”L’Italia ha una prospettiva migliore di un anno fa” (prima delle ultime elezioni politiche, ndr). Non ti aspetti che il super-falco tedesco rilevi compassato: “La formazione del nuovo governo a Roma è durata meno di quella tedesca” (sta confrontando Lega-M5S di Conte-Di Maio-Salvini e Spd-Cdu/Csu della “kanzlerin” Merkel IV, ndr). Né ti aspetti che bacchetti il presidente francese Macron (quello della “Italia vomitevole”): “In Europa è tutto più complicato, bisogna stare attenti a mettere troppo al centro la responsabilità franco-tedesca”. Non ti aspetti che lo dica al maggior quotidiano italiano (non pregiudizialmente sfavorevole al governo Conte), a poche ore dal pre-vertice Ue sull’emergenza migranti, che apre una “settimana della verità”, verso il Consiglio dei capi di Stato e di governo a Bruxelles.
Ti aspetti d’altronde — da uno che è su una sedia a rotelle da trent’anni per un’attentato — che rivendichi un certo modo (cristiano-democratico) di far politica in Europa dai tempi di Helmut Kohl: “La sfida posta dai migranti è una delle più grandi per il nostro modello di democrazia occidentale, stato di diritto e dignità delle persone”. Non ti sorprende infine che, all’ultima domanda-risposta dell’intervista rilasciata ieri al Corriere della Sera, dica: “Ho 75 anni. ero il ministro delle finanze d’Europa e del G20 più a lungo in servizio… Non mi pento. Certo non è stato facile, ma non si guarda indietro”.
Sembra un no a Paolo Valentino, che gli chiede se per caso si candidi ad “arbitro” di una transizione tedesca e/o europea a dir poco delicatissima. In realtà è la firma a una sorta di bozza di “contratto con gli europei”: molto diverso, però, da quello di un Silvio Berlusconi, vent’anni fa, con gli italiani. O anche di quello che formalmente lega — scegliete voi — i partiti perdenti al governo in Germania o la strana coppia vincente approdata al governo in Italia; il presidente “vincente al 23%” con il suo elettorato francese o il neo-premier che ora governa la Spagna in semplice subentro.
Il “lodo Schäuble” ha tutti i pregi e tutti i difetti della realpolitik, tutta la sua classica offerta di risposte forti quanto scomode. Cita ad esempio la Grecia come caso positivo di Europe working: “Atene (dopo la terapia Ue-Fmi-Bce, ndr) si è sviluppata meglio di quanto pensassero i più”. Mette in un solo mazzo “Putin, Erdogan e Rohuani”. La Russia (quella delle sanzioni) e la Turchia (in deriva islamica) restano “altro” rispetto all’Europa; e anche l’Iran di oggi rimane inaffidabile, esattamente come la pensa Donald Trump, per cui Teheran non è diversa da Pyongyang.
Non ci sono d’altronde le condizioni per “un bilancio europeo unico” — proposto dalla Francia — a meno che non abbia un significato “simbolico” (come a dire: la riforma politica dell’eurozona non può partire ora, ma se è utile “per la comunicazione”, “nell’interesse a tenere unita l’Europa”, possiamo preannunciarla). E se un Paese ha “il 150% di debito/Pil” non si può far finta che non sia un problema (la Grecia aveva il 180%, l’Italia ha tuttora il 130%, ndr), perché mina “la fiducia dei mercati” nella moneta unica. Però è vero che “paesi come l’Italia e la Grecia hanno usato molto meno dei fondi d’investimento europei di quelli cui potevano aspirare nonostante ne avessero bisogno”. E’ sbagliato “agitare come spauracchio i Paesi del Sud Europa”, è vero invece che “Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro hanno scalato la loro montagna, l’Italia è su quella strada, la Francia l’ha intrapresa”. E la presunta “onda nera” dall’Europa di Viesegrad? “E’ una responsabilità speciale dell’Austria tenere legati alla Ue i paesi dell’Europa centrale e sudorientale.Non può farlo il Portogallo, deve farlo la Germania, assieme alla Polonia e alla Repubblica Ceca”.
Nessuna novità, molte novità. Schäuble ha parlato dalla presidenza del Bundestag, ricostruito a Berlino dove nel 1933 i nazisti incendiarono il Reichstag, distrussero la democrazia in Germania e prepararono la guerra che cancellò ogni primato storico e geopolitico dell’Europa. Gli si può credere, gli si può non credere quando prova a rifissare qualche punto fermo in Europa a nome della Germania. Difficile che riesca a fidarsi il premier greco Alexis Tsipras, non sarà facile credergli neppure per molti tedeschi. Che però non credono più ad Angela Merkel e rischiano di non credere più nell’Europa. Come molti italiani, francesi, spagnoli, olandesi eccetera.