Il momento, lo zeitgeist, richiede di ridurre con argomenti realistici l’ansia per il futuro economico. La Ue e l’euro non sono a rischio di dissoluzione per il semplice fatto che per tutte le nazioni sarebbe svantaggioso uscirne e che, se solo una dovesse tornare in moneta nazionale, allora tutto il complesso salterebbe con danno per ciascuno. Tale danno, in particolare, sarebbe generato dalla rottura del mercato integrato europeo con caduta catastrofica dei commerci.



Ciò spiega, ad esempio, perché Spagna, Portogallo, Grecia e Italia, dopo un’applicazione errata del rigore, siano state salvate, abbandonando il rigore stesso con mezzi diretti e indiretti (Bce). E anche spiega perché alla Francia, con un modello economico insostenibile, è permesso violare i parametri di deficit e di debito. Anche i movimenti nazionalistici, che probabilmente diventeranno influenti nel Parlamento europeo nel 2019 e che lo sono già in parecchie nazioni, capiscono la necessità di mantenere in vita il mercato integrato. Pertanto, anche se la Ue diventasse meno di un’Unione, resterebbe più di un’alleanza. Passerebbe da un progetto confederale di “sovranità condivise” a uno di “sovranità convergenti”, di fatto quello ora esistente, un po’ più strutturato nell’Eurozona. Semplificando, la Schengen economica resterebbe e questo è ciò che è più rilevante.



Le nazioni europee tendono a non distruggere quanto costruito, aggiustando sul piano politico gli enormi difetti tecnici del modello, ma tale azione non arriva mai al punto di ripararli, soprattutto, in quello monetario. La convergenza, cioè, si realizza nel non distruggere, ma non nel costruire. Questa è la realtà della Ue.

Macron vuole forzarla proponendo bilancio e difesa europee, peraltro in modi per ottenere un vantaggio nazionale, ma gli altri sono freddi. Tenta di ingaggiare Berlino, ma questa non segue. In sintesi, il traino franco-tedesco della Ue è molto debole.

L’Italia, la cui rilevanza è aumentata per tale motivo, ora dovrà decidere se usare tale debolezza, in particolare della Germania, e inserirsi in un triumvirato europeo per rafforzare la governance europea, vero motivo del nervosismo aggressivo di Macron contro l’Italia, oppure diventare il capofila di un accordo europeo, sostenuto dagli “altri”, dove non ci siano più nazioni privilegiate e tutte possano trovare una posizione più comoda. In realtà, la prima mossa è necessaria per ottenere il secondo effetto. Sarà il nuovo governo capace di giocare questa partita?



www.carlopelanda.com