La settimana scorsa stavo a lambiccarmi, bevendo un caffè, sull’esser nati prima i bar o i discorsi da bar. Sì, insomma, sono i bar ad aver consentito di poter fare quei discorsi o, quei discorsi, per esser fatti hanno inventato il bar? Salvini entra, non me ne curo. Bevuto il caffè prendo lo smartphone, che mi borbotta in tasca: Calenda, flat tax e reddito cittadinanza sono chiacchiere elettorali; Fornero, contratto Lega-M5s vago e maschilista; Confindustria, “Preoccupati, non è chiaro dove siano risorse per promesse elettorali”; Boeri, pensioni quota 100 costa 15 mld, poi 20 mld l’anno; Boccia: il contesto che viviamo inizia a preoccuparci. Lui, appoggiato al bancone, in tempo reale ribatte. Scrive un tweet, lo manda in giro: Ragazzi, o si parte e si cambia o si torna al voto!
Domenica passata, io lì ancora a lambiccarmi, il Presidente incaricato lascia; il Nostro sbotta e, dopo averlo promesso, quel voto lo proclama con un video Facebook a quegli stessi ragazzi. I ragazzi, si badi, non l’establishment, quelli che stanno qui; che non vestono da pinguini, portano felpe, che sono di poche parole. Giust’appunto, parole poche; nel ’76 ne conoscevano 1600, 20 anni dopo 700, oggi ancora meno. A proposito, con le parole, sembra si pensi! Sì, insomma quelli di “pane, pane, vino al vino” che sono stanchi di sentir le chiacchiere di quelli che “dicono tutti le stesse cose”. Sì, insomma, Loro, Me, Matteo: Noi stufi! Così, tonante e con poche parole, dice quello che la gente pensa.
Il micco mica parla alla pancia della gente, dice invece il pensiero che passa per la testa di chi l’ascolta. Se quel Lui/Me dice gagliardo, io gagliardo; se sprona, sprono; se c’è bisogno di ritrovar l’orgoglio nazionale sbircio, lo trovo. Se insomma è intelligente lui, cavolo… lo sono anch’io. Fico no? Altro che le élite… gliela faccio vedere Io a quegli altri, se prendo il Potere.
Bene, non vi paia ozioso, ma questo stringato-affabulante-incisivo dire sulla flat tax, sulla legge Fornero, su Dublino, la moneta parallela oltre a far conto, senza aver fatto i conti, con l’aspetto della comunicazione lo fa pure con il pensiero? Sì, perché se si hanno poche parole a disposizione si posson fare forse slogan, tutt’alpiù assiomi. Il pensiero che li sottintende sarà in grado di gestire la complessità che ci sbarra la strada? Se poi si considera che gli avversari politici del Nostro manco sanno comunicare, peggio che andar di notte. Quel pensiero allora, di cui si ha improcrastinabile bisogno per varcare il guado e che ha bisogno di altrettante parole per potersi esercitare, che fine farà?
Nel frattempo, stante gli anchilosati pensieri e i tempi stretti dinnanzi a tutti noi, toh… un bel dilemma per continuare a far disputa: “Alla fine della fiera, vincerà l’orgoglio o il portafoglio?”. Il primo offeso, il secondo ammaccato. Avanti tutta insomma a colpi di slogan, con tanto livore plebiscitario e chi ci rimette, ci rimette! Intanto buona notte, tanto domani sarà un altro giorno, almeno spero.
P.S.: Mi auguro che tanto fracasso serva almeno a svegliare il torpore neurologico dei politici di ogni dove e risma.