Matteo Salvini non ha dubbi: l’ipotesi di una manovra correttiva da 9 miliardi di euro è solo una fantasia di Confindustria. Secondo il Centro Studi di viale dell’Astronomia il Governo dovrà sistemare i conti pubblici per un importo pari allo 0,5% del Pil quest’anno e allo 0,6% l’anno prossimo. E la sottosegretaria all’Economia, Laura Castelli, intervenendo ad Agorà Estate, non ha escluso che possa essere effettivamente necessario varare una manovra correttiva. «Una manovra correttiva sicuramente si deve fare quest’anno e quasi certamente negli anni successivi anche in relazione al rallentamento dell’economia che finora è stato accertato», ci dice Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze, secondo cui le cose non sembrano volgere al meglio per il nostro Paese.
Professore, dopo alcuni mesi si torna a parlare di manovra correttiva. Cosa ne pensa?
La manovra correttiva di cui si parla non è quella per sterilizzare le clausole di salvaguardia o per finanziare il reddito di cittadinanza, ma è un’operazione che doveva essere fatta all’epoca del Governo Gentiloni e che è stata rimandata per via delle elezioni di marzo. All’epoca si parlava di un importo pari allo 0,3% del Pil, oggi dello 0,5%, ma al di là dell’effettivo ammontare non bisogna dimenticare che per trascinamento avrà effetti anche sul 2019.
Perché?
Se in un anno c’è una minor correzione del deficit rispetto a quella concordata, è chiaro che negli anni successivi rimane il problema di recuperare lo stesso scostamento dall’obiettivo. Nel 2018 non sappiamo poi nemmeno se sarà raggiunta la crescita del Pil prevista e quindi si potrebbe dover avere l’anno prossimo l’esigenza di un’ulteriore correzione del deficit proprio per una ripresa minore rispetto a quella preventivata. Quindi è vero che non si sa se le cifre sono esattamente quelle indicate da Confindustria, ma non è vero che si tratta di fantasie. Una manovra correttiva sicuramente si deve fare quest’anno e quasi certamente negli anni successivi anche in relazione al rallentamento dell’economia che finora è stato accertato.
Dunque ha ragione Confindustria.
Non è solo Confindustria a dirlo, ma risulta chiaro dalle difficoltà che sono emerse sul mercato finanziario per quanto riguarda le aste dei nostri titoli di Stato. Com’è stato segnalato da Bloomberg, l’ultima asta di Bot ha avuto emissioni dimezzate rispetto al fabbisogno per poter collocare i titoli al prezzo stabilito. Questo implica che il mercato finanziario internazionale teme che l’Italia non rispetti i parametri di riduzione del debito pubblico ed è quindi poco convinto ad acquistare i nostri bond. Tra gli operatori internazionali ci potrebbero quindi essere dubbi sulla solvibilità dell’Italia. A mio parere questa analisi non è del tutto corretta. Tuttavia non bisogna sottovalutare un rischio futuro.
A cosa si riferisce?
Ci sono operatori che tendenzialmente venderanno i nostri titoli, che sono le banche tedesche e francesi, poiché hanno registrato perdite ingenti sui loro trading finanziari relativi ai derivati. Quindi è probabile che grosse banche europee vendano titoli italiani non per fare un’operazione contro il nostro Paese, ma perché hanno problemi di liquidità. È notizia dell’altro giorno, per esempio, che Deutsche Bank non ha passato lo stress test condotto dalla Federal Reserve negli Stati Uniti. Questa situazione potrebbe essere ulteriormente peggiorata.
In che modo?
Se si vedesse che i titoli italiani vengono venduti, altri operatori potrebbero fare la stessa scelta. Già la recente fiammata dello spread ha fatto perdere allo Stato una cifra rilevante dovuta alla necessità di alzare i rendimenti delle nuove emissioni di bond pubblici. Se questo trend dovesse proseguire, gli effetti sul bilancio dello Stato, via costo del rifinanziamento del debito, non sarebbero certo positivi.
In ogni caso in tema di finanza pubblica e manovre, molto dipenderà dall’atteggiamento che avrà l’Europa nei nostri confronti.
È vero e purtroppo ci potrebbe anche essere la tentazione di chiedere manovre correttive maggiori per esercitare sul Governo italiano una specie di pressione sulla questione migranti. Un Paese che vuole impegnarsi su questo fronte deve avere i conti estremamente in ordine, perché sta facendo una forte pressione sugli altri e quindi potrebbe a sua volta vedersi messo sotto pressione sui suoi conti. Non si possono fare battaglie di autorevolezza quando si è debitori. Certo, non si può nemmeno pensare che sia corretto portare avanti la linea del Pd, che ha sempre ceduto in Europa pur di avere “elemosine finanziarie”.
Il Governo deve quindi muoversi con cautela.
Sì e devo dire che per ora non sembra stia agendo bene. Il fatto che il ministro dell’Economia non abbia ancora chiarito come intende procedere non è certo un buon segnale. Mi sarei aspettato che di fronte a quanto riportato dal Centro Studi di Confindustria seguissero delle dichiarazioni di Giovanni Tria. Spetterebbe a lui tranquillizzare i mercati e dare rassicurazioni ai cittadini.
(Lorenzo Torrisi)