Quando un giornale come il Financial Times cita l’Italia senza parlarne male è già una notizia: tendenzialmente sospetta, se non preoccupante. Figurarsi quando lo stereotipo italiano viene utilizzato – strumentalmente – per parlar male della Ue. Se poi la firma è quella di Wolfgang Munchau ci sono gli estremi per segnalare un unicum. È infatti noto il fanatismo del giornalista di origini tedesche – arruolato e “convertito” da FT per lo sfortunato lancio dell’edizione tedesca – nel giudicare le cose sul Continente, soprattutto a sud delle Alpi.
Ebbene, all’indomani dell’insediamento del governo Lega-M5s a Roma, le scudiasciate “a prescindere” di Munchau contro l’euro e dintorni si sono subito spostate dalla debolezza del “malato d’Europa” alla “mancanza di riforme” nell’Unione. Eppure il 20 maggio – quando il Quirinale è stato per la prima volta sul punto di nominare un governo tecnico – Munchau aveva recitato ogni litania ortodossa contro “la fine della democrazia liberale in Europa”, esemplificata dall’ascesa delle forze populiste in Italia.
Quel giorno lo spread italiano era già oltre 160 e nei dieci giorni successivi è raddoppiato, mentre FT assecondava la consueta narrazione sull’Italia in default. La doppia escursione – compreso il rientro a quota 240 – ha naturalmente fatto felici i mercati, al solito in cerca di spunti di giornata (in gergo sexy stories). Alla fine è giunto tuttavia un “contrordine” – solo in parte inatteso – a Roma: il giuramento del governo Conte. E anche a Londra hanno chiamato rapidamente un cambio di schema e forse la chiusa di un cerchio.
L’insediamento di un esecutivo gialloverde in Italia ormai è un fatto – così come la chiusura delle speculazioni – e il problema è semmai della Germania, che al consiglio europeo di fine luglio rischia di ritrovarsi nell’angolo rispetto a un allineamento fra Italia e Francia (e non è banale neppure in Italia che sia un governo Conte a rafforzare l’asse macroniano anti-Merkel). L’Italia gialloverde – sgradita ai mercati in maggio – ha tutti i numeri per diventarne la beniamina in giugno. In luglio, naturalmente, chissà.