“La Repubblica vi è grata”, ha detto ieri il Presidente Sergio Mattarella, al termine di un intervento breve, ma molto incisivo, in apertura del XXIV Congresso dell’Acri. Ha scelto Parma e le Fondazioni, il Capo dello Stato, per la sua prima uscita ufficiale dopo l’insediamento del governo Conte. Lo ha fatto anzitutto per ringraziare Giuseppe Guzzetti, al suo congresso d’addio dopo vent’anni di leadership dell’Acri: di fatto l’intera era di passaggio dalla giovinezza alla maturità per le Fondazioni partorite nel 1990 dalla legge Amato-Carli. Per Mattarella – lo ha voluto rammentato ieri Guzzetti con accenti commossi – l’avvocato comasco è anzitutto un amico fraterno, presente nel 1980 ai funerali del fratello Piersanti.
Ma quella del Presidente all’Acri è stata ieri soprattutto una presenza istituzionale. E il suo intervento del tutto lontano da un telegramma d’augurio e invece assai più vicino nei toni a un “messaggio alle Camere”, appena dopo la due giorni di voto di fiducia al nuovo esecutivo gialloverde. E il presente e il futuro delle Fondazioni hanno offerto un terreno ideale per ribadire argomenti di metodo e di merito nel punto di vista del Quirinale sull’avvio della nuova legislatura.
“In questi anni le Fondazioni hanno svolto funzioni preziose di integrazione e supplenza di missioni pubbliche accompagnando inoltre le trasformazioni strategiche delle banche italiane”. Come fondamentali “enti intermedi” – ha affermato Mattarella – si sono rivelati “attori e non spettatori del cambiamento nello svolgere la loro missione di tutela dei patrimoni, difesa del risparmio e del suo impiego per obiettivi di crescita dell’economia e di inclusione sociale e culturale”. Mattarella ha ricordato le diverse iniziative “l’attenzione al Mezzogiorno, l’housing sociale, il contrasto alla povertà minorile”. “Esprimo sincero apprezzamento per la guida sapiente e lungimirante che Giuseppe Guzzetti ha espresso nell’Acri”, ha concluso il Capo dello Stato.
Il grazie alle “Fondazioni di Guzzetti” – da parte di un giudice costituzionale emerito come Mattarella – è innestato chiaramente nella svolta della legge Ciampi, nel braccio di ferro con l’allora Tesoro di Giulio Tremonti e infine con la sentenza dell’Alta Corte del 2003, che sancì lo statuto autonomistico delle Fondazioni e il loro essere paradigma della sussidiarietà, fresca novità del tempo nella Carta italiana. Un passaggio cruciale che lo stesso Guzzetti non ha mancato di rimarcare. “Quando nel 2001 l’identità delle Fondazioni – basata sul legame con le comunità di territorio e sul ruolo determinante della società civile – venne messa in discussione da un tentativo di ristatalizzazione, nell’immediato l’Acri poté contare su due sole voci solidali: quella di Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, e Giulia Maria Crespi del Fai. Io credo che se oggi le Fondazioni dovessero essere di nuovo al centro di confronti politici, sarebbero più di due gli italiani che ci sosterrebbero”.
Sarebbero almeno tre: il terzo è il presidente della Repubblica in carica fino al 2022. Che non ha certo esitato a parlare al congresso Acri perché intendessero tutti i membri del nuovo governo: a proposito di provvedimenti che il Quirinale potrebbe -sempre legittimamente – rinviare a Palazzo Chigi per deficit di costituzionalità. O altro.