Una decina di giorni fa era stata Standard & Poor’s a tagliare le stime di crescita dell’Italia, indicando la politica interna come principale rischio per il Paese. La scorsa settimana, invece, è toccato alla Commissione europea rivedere il nostro Pil al ribasso e parlare di “incertezze sulle politiche economiche”. E lunedì il Fondo monetario internazionale ha ribadito il concetto. «Un minimo di ripresa nel Paese c’è, la bilancia dei pagamenti è positiva, ci sono imprese che danno buoni utili, per cui i segnali positivi non mancano, ma dal punto di vista della politica economica e fiscale finora la linea dell’esecutivo si è presentata come assistenzialista e non rispettosa dello stato di diritto», ci dice Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze.



Sono quindi giustificati secondo lei i giudizi di S&P, Ue e Fmi?

Sì, per due ragioni. La prima è che la coalizione di Governo è “contronatura”, cioè è formata da un gruppo che vuole applicare dei principi del Nord anche al Sud e da un altro che invece vuole applicare teorie assistenzialiste meridionali in tutta Italia, come si vede anche dal Decreto dignità. Non bisogna poi dimenticare che la principale forza di Governo è un movimento in sé “instabile”, perché al suo interno ha come due correnti, una di destra e una di sinistra. Dunque Lega e M5s seguono modelli tra loro contraddittori e non può che uscirne un Governo dagli esiti incerti. La seconda ragione è che questo esecutivo è tenuto insieme da due personaggi oggettivamente seri, ma deboli: Conte e Tria. 



Perché deboli?

Il Premier ha avuto una sorta di delega da due forze con idee tra loro contrastanti ed essendo un avvocato è una specie di “mediatore” del contratto di Governo, non certo una guida. Il ministro dell’Economia non appartiene né a Lega, né a M5s (del resto non c’erano alternative a un tecnico in via XX settembre per non creare contrasti tra i due partiti prima ancora della nascita dell’esecutivo) e quindi non ha potere politico. Senza il quale, non si sa se quello che dice verrà poi effettivamente realizzato. In sostanza fino a quando non si vedrà cosa succede con la Legge di bilancio, che può scontentare entrambe le forze di governo, resterà incertezza.



Nonostante quindi le parole tranquillizzanti, non ci si può fidare totalmente di quello che ha detto Tria…

Il punto è che non si sanno nemmeno quali sono le sue teorie in tema di politiche economiche. A parte le sue dichiarazioni tranquillizzanti per i mercati, non essendo né un politico, né un editorialista, non si conoscono le sue idee e convinzioni personali. Se a ciò uniamo un Decreto dignità che non aiuta l’occupazione in un periodo di bassa crescita e l’idea di un taglio delle pensioni con effetti su diritti acquisiti, si crea una situazione non facile per chi vuole investire in Italia, cui servono certezze.

Da quello che ha detto prima, la Legge di bilancio potrebbe far nascere una situazione esplosiva per il Governo: è così?

Difficilmente con la Legge di bilancio si potranno prendere nuovi provvedimenti importanti. Tria, che ha comunque poco potere e non ha una sua struttura di esperti (si avvale di quelli utilizzati dal suo predecessore Padoan), non credo che toccherà nulla. A quel punto bisognerà vedere se ciò andrà bene o no a Lega e Movimento 5 Stelle.

Secondo lei come potrebbero reagire le due forze di Governo?

Semplificare e ampliare la flat tax al 15% per le partite Iva, alzando magari la soglia reddituale a 50.000 euro, costerebbe poco (lo 0,1% del Pil) e potrebbe accontentare parte dell’elettorale leghista. Questa misura potrebbe quindi essere facilmente inserita nella Legge di bilancio ed essere presentata dalla Lega come il primo passo per un taglio delle tasse da operare in futuro. Tutt’altro discorso per il reddito di cittadinanza che interessa il Movimento 5 Stelle: servono molti più soldi per fare un piccolo passo. 

Dunque M5s potrebbe far saltare il banco e far cadere il Governo?

In Senato l’esecutivo non ha un’ampia maggioranza ed essa dipende principalmente dai voti pentastellati. Tuttavia non bisogna trascurare il fatto che nel Movimento 5 Stelle c’è chi rischia di non potersi più ricandidare (perché già al secondo mandato) nel caso di ritorno anticipato alle urne. 

La situazione è quindi molto incerta…

Sì. E come se non bastasse c’è un cigno nero che potrebbe riguardare l’Italia. Nonostante non se ne parli più, le sofferenze bancarie, a livello medio, non sono alte, ma potrebbero esserci istituti con livelli pericolosi di Npl che potrebbero andare in crisi. Anche banche francesi e tedesche potrebbero trovarsi nei guai per via della loro esposizione ai derivati. C’è poi un contesto internazionale non proprio tranquillo tra i timori di guerra commerciale e l’incertezza sul quadro europeo. Dunque abbiamo un rischio debito pubblico mostruoso che dipende da due ordini di fattori.

Quali?

Da un lato dal fatto che il ministro Tria non è in grado di garantire che noi risolveremo il problema del debito in modo strutturale, dall’altro da fattori esogeni che dipendono da crisi finanziarie europee e dal rallentamento dei mercati che possono indurre a vendere il nostro debito pubblico. Questo cigno nero può quindi benissimo riguardarci.

(Lorenzo Torrisi)