E così, stando alle dichiarazioni del Ministro Toninelli, il futuro di Alitalia vedrà la nostra ex compagnia di bandiera con maggioranza italiana e un partner che la faccia volare, ergo una compagnia aerea straniera che ci metta gli aerei che concretamente servono per uscire dalla crisi che ormai dura da decenni. Due parole su questa dichiarazione: in primo luogo un miglioramento nel pensiero dei 5 Stelle sulla questione. Sono lontani i tempi in cui Beppe Grillo dal suo Blog (2008) proponeva di deportare i lavoratori Alitalia in Tunisia da Gheddafi (?) per sostituirli con lavoratori tunisini affinché la Alitalia potesse tornare all’utile. In questo lasso di tempo è successo veramente di tutto sulla questione, ma principalmente la scoperta che alcuni manager che si sono succeduti alla sua guida sono stati o condannati o sono sotto inchiesta (gli ultimi) per amministrazioni non proprio cristalline, anzi. E che il referendum indetto due anni fa nel quale i lavoratori respinsero un piano di salvataggio scellerato messo a punto da Etihad (che se la voleva pappare tutta e salvare se stessa allo stesso tempo) ha di fatto salvato Alitalia dalla sparizione dopo più di 70 anni.
Ora si torna a parlare di un piano che prevede più o meno lo stesso ritornello renziano quando si erse a salvatore della Patria per l’accordo con Etihad. Forse ci sarebbe da chiarire bene un paio di punti: l’Alitalia attuale, dopo aver ripulito gran parte delle “spese pazze” che si sono protratte per oltre 20 anni, deve assolutamente fare una cosa se vuole salvarsi, ovvero volare il più possibile, investire in nuove rotte e proseguire con un cambio di immagine che timidamente si è visto con le nuove divise. Insomma, fare soldi in modo da poter tornare presto a quella chimera di attivo (non uso il termine Araba Fenice perché porta sfiga, vero cari “Capitani Coraggiosi”?) che è a portata di mano solo a una condizione: investire capitali per fare il salto di qualità necessario. Che ora, con una flotta di aerei di lungo raggio (l’unico settore in grado di produrre utili) scarsissima, è missione impossibile.
Ma chi paga il leasing di almeno una decina di macchine oltre al resto? Una compagnia aerea straniera? Sì, se ne esistesse una dedita alla beneficenza, perché da che mondo e mondo con un’Alitalia nelle attuali condizioni il partner “tecnologico” alla fine se la papperebbe tutta. L’Alitalia del 1998 si alleò con Klm avendo a disposizione un fortissimo attivo: lo stesso dicasi, per fare un altro esempio, dell’acquisizione di Iberia da parte di un fondo legato a British Airways. Pure lì compagnia in attivo: dubito molto, lo ripeto, che se arriva una Lufthansa (mettiamo da parte per il momento Air France, anche se non si sa mai…) che già ha promesso 4.000 esuberi si possa parlare di sviluppo. Non ho mai visto un’orata mangiarsi uno squalo e qui succederebbe la stessa cosa che ormai è un refrain più vecchio dell’Aida: si congela il sistema di prenotazioni con l’input di trasferirle al vettore x, in questo modo marcisce la mela e rieccoci con i cocci in mano.
Lo scorso anno un Ministro dell’ex Governo incontrato personalmente non mi smentì l’idea di un pool finalmente italiano nel campo dei trasporti, con una Alitalia alleata di Trenitalia, quest’ultima presente come azionista, e un partner “tecnico” (Fintecna o Finmeccanica), che sappia sviluppare al massimo le risorse interne (i cervelli non ci sono mai mancati per fortuna) e possa finalmente, in nome di un Sistema Paese, far funzionare il tutto. Non è assolutamente difficile, basta una volontà politica forte che, anche in nome dell’industria che ormai è rimasta l’unica trainante (il turismo) possa far muovere le cose e l’economia dopo anni di congelamento in nome delle politiche austere di un’Ee che, come sappiamo, sono state imposte da due paesi che si son guardati bene di applicarle a loro (Francia e Germania).
Alitalia rappresenta la punta di un iceberg chiamato Italia che può costituire il primo passo verso una rinascita non impossibile, a patto che ognuno faccia il suo dovere (giustizia compresa ovvio).