Mentre assistiamo alla devastazione degli incendi ad Atene, in Grecia, ci aspetteremmo che qualcuno osi dire quello che evidentemente è indicibile. D’altronde basta Google per trovare decine di riferimenti, tutte da fonti più che rispettabili, alle proteste di poliziotti e pompieri greci per i tagli alle risorse e la mancanza di mezzi e materiali; con un po’ più di pazienza, ma non molta, si trova anche qualche numero e persino qualche aneddoto; i pompieri greci denunciano che il 25% dei mezzi sia fuori uso per mancanza di fondi, si documentano tagli al budget per decine di milioni di euro all’anno, mentre in alcune caserme si è stati costretti a comprare con i propri soldi persino gli stivali.



I tagli al budget hanno inciso considerevolmente sulla capacità dello Stato greco di affrontare eventi, gli incendi, che in realtà sono talmente frequenti da alimentare statistiche che danno conto di migliaia di focolai all’anno. Quello a cui stiamo assistendo è la somma di condizioni atmosferiche eccezionalmente negative e di un sistema di controllo pesantemente indebolito. Solo tenendo a mente questi due elementi si capisce quello che sta accadendo.



Di questo non si parla e questi fatti incomprensibilmente bucano con enorme fatica la “narrazione” che si trova sugli organi di informazione. Per raccogliere questi fatti, in un’era di fact checking fatta sui siti di fact checking, bisogna andare alla fonte e sintonizzarsi sulle testimonianze dei greci. Oggi stiamo assistendo a uno stato europeo ridotto in condizioni tragiche. Dovremmo saperlo, ma facciamo finta di non saperlo, mentre contro ogni evidenza si riesce persino a parlare di “ripresa” greca.

Chi parla di inizio di ripresa per la Grecia dovrebbe vergognarsi profondamente. Siamo in uno scenario di crescita globale da diversi anni e si segnala ormai quotidianamente che il ciclo di espansione comincia ad avere il fiato corto; non stiamo pronosticando cataclismi di nessun tipo, ma solo suggerendo l’idea che se ci fosse una fase di rallentamento non sarebbe uno scandalo per nessuno. La Grecia si trova in questa fase con una disoccupazione al 21%, un sistema sanitario al collasso, denutrizione tra i bambini in età scolare e il 21,1% della popolazione che secondo l’Eurostat si trova in una situazione di “grave privazione materiale”.



I greci sono responsabili completamente di quanto accaduto fino all’entrata in scena della troika; quando però si adotta un piano deciso dall’Europa e dal Fondo monetario internazionale con l’Europa che si accorda con il primo ministro che si prende la responsabilità di ignorare il parere dei greci, allora le cose cambiano. I mea culpa del Fmi che si rende conto di aver, sostanzialmente, devastato l’economia dovrebbero imporre alcune domande. In Grecia si sono messe in atto le indicazioni dell’Europa al punto di ignorare la volontà degli elettori con il condimento della rapina di tutti gli asset pregiati; non perdiamo neanche una riga ad argomentare l’evidenza per cui i greci non concorrono minimamente a formare le politiche europee. Se l’idea è che essendo in una casa comune si rispettano le regole comuni, perché non esiste che ognuno fa quello che vuole, va benissimo, ma allora le responsabilità si allargano.

Oggi nessuno dice niente di tutto questo nemmeno di fronte a un Paese che non è più in grado di gestire le emergenze. Questo sembra tanto un silenzio imbarazzato di chi non vuole fare i conti con le proprie responsabilità e preferisce fare finta di niente. Forse per non sporcare una narrazione, forse per un senso di colpa, forse per non prestare il fianco ai sovranisti. In questo ultimo caso si difendono malissimo le proprie idee; che la Grecia sia in ginocchio anche a causa dell’austerity è ormai assodato e nasconderlo alimenta solo il sospetto sulla buona fede di chi difende a prescindere l’indifendibile.

Oggi ci chiediamo come si possa pensare che la Grecia abbia le forze per risollevarsi da sola, magari in una fase di rallentamento globale, magari con la confusione dei dazi, magari con i tassi in risalita. Che la Grecia abbia gravi responsabilità per quanto accaduto non può essere un’obiezione. Sarebbe una follia in un continente in cui sono stati salvati anche quelli che avevano perso la guerra dopo essersi macchiati, in alcuni casi, di crimini orribili e in una costruzione, l’Unione Europea, che senza il contributo dei vincitori forse non esisterebbe nemmeno. Se in Europa si vogliono battere i sovranisti si faccia un piano Marshall per la Grecia mentre si asciugano gli sprechi statali. Altrimenti l’Europa o si rompe o diventa il luogo in cui i creditori possono fare quello che vogliono dei debitori; come denunciava quel noto sovranista di Soros appena qualche settimana fa.

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