“La flat tax si inizierà a implementare fin dalla prossima Legge di bilancio”, ha dichiarato Giovanni Tria alla Camera. Il ministro dell’Economia aveva recentemente anche detto che flat tax e reddito di cittadinanza andranno a braccetto. Dunque, se una misura sarà all’interno della manovra di fine anno, allora vi sarà anche l’altra. Tuttavia Tria ha anche garantito che il Governo agirà tenendo conto dei vincoli di bilancio esistenti. Si possono implementare nella prossima Legge di bilancio flat tax e reddito di cittadinanza nei limiti del bilancio? «La risposta è no», ci dice Leonardo Becchetti, Professore di Economia Politica al’Università di Roma “Tor Vergata”. Che aggiunge: «Io ero rimasto a un programma piuttosto inverosimile del Governo».
Quale?
Si parlava di chiedere a Bruxelles di poter fare investimenti pubblici per 50 miliardi di euro, scorporandoli dal calcolo del deficit, generando con queste risorse un moltiplicatore in grado poi di finanziare gli interventi del contratto di Governo. Questo programma è tuttavia abbastanza inverosimile per due ragioni: gli investimenti pubblici non producono effetti così rapidi; il negoziato con Bruxelles è tutto da fare.
Lega e M5s vorranno però inserire almeno una parte, un “incipit”, degli interventi annunciati in campagna elettorale, flat tax e reddito di cittadinanza, nella Legge di bilancio…
Se il Governo, sotto la pressione dei due partiti che lo compongono, avvierà parte del programma economico, tutto questo dovrà essere necessariamente fatto in deficit, con un aumento di 1-2 punti percentuali. Arrivando quindi vicino alla soglia del 3% del Pil.
L’Europa cosa dirà a quel punto?
Non lo sappiamo, si dovrebbe avviare una grande trattativa, il cui esito è assolutamente incerto. In questo negoziato potrebbero entrare in gioco altri fattori, come quello dei migranti. Abbiamo già visto infatti in passato scambi tra flessibilità e regole sui flussi migratori.
Con la Legge di bilancio il Governo rischia di giocarsi la sua stessa sopravvivenza?
Penso che tutti gli attori del Governo abbiano voglia di restare in sella e sappiamo che ci può essere, di fronte uno scontro con l’Europa, la tentazione di andare alle urne, perché il consenso elettorale è alto. Tuttavia lo scontro avverrebbe simultaneamente con una crescita dello spread e quindi con una situazione di grossa tensione finanziaria: non credo che questo sia uno scenario favorevole per chi adesso è al Governo.
L’Istat ha appena diffuso dati stabili sulla fiducia di imprese e consumatori, mentre da più parti si continua a stimare una crescita del Pil inferiore alle attese. Secondo lei si riuscirà a mantenere una “moderata ripresa”?
I dati riflettono il fatto che il Governo non ha fatto un granché dal punto di vista economico, mentre però la situazione globale si è leggermente deteriorata per via dei dazi. Quello che succederà da settembre in poi dipenderà molto dalle mosse del Governo e dalla reazione dei partner europei: tutto questo si rifletterà anche sui dati economici, soprattutto su quelli che dipendono da aspettative, come la fiducia di imprese e consumatori.
Tra quello che il Governo ha fatto dal punto di vista economico c’è il Decreto dignità, che tanto sta facendo discutere. Lei cosa ne pensa?
Mi sembra molto positiva la parte relativa alla riduzione della pubblicità sul gioco d’azzardo. Per il resto mi pare che ci siano delle piccole limature di cui si è secondo me parlato anche troppo. In parte vanno anche nella direzione sbagliata, perché non penso che il problema del lavoro in Italia si risolva irrigidendo le regole contrattuali. Basterebbe anche guardare in che modo Marchionne ha creato lavoro a livello globale in questi anni: con innovazione, economie di scala e rompendo anche la ritualità di alcuni metodi di rapporto tra sindacato e impresa.
Abbiamo parlato dell’importanza che avrà la trattativa tra Italia e Ue sulla Legge di bilancio. Quanto sarà invece importante la politica monetaria della Bce?
Non mi aspetto molti effetti: il percorso di leggera riduzione del Quantitative easing ormai è avviato, ma non c’è un problema di carenza di liquidità o di risorse finanziarie nel nostro Paese. L’Italia non manca di lavoro o di capitali finanziari, ma ha un limite fondamentale, di cui si parla poco.
Quale?
I costi, le lungaggini, i tempi della burocrazia, della giustizia civile, dell’amministrazione. Siamo arrivati quasi a una paralisi dove nessuno prende decisioni perché ha paura delle conseguenze e si aspettano le sentenze dei giudici prima di muoversi. È quindi il sistema-Paese che non va e questo lo vediamo riflesso poi nella bassa crescita della produttività. Il problema è che questo tema non ha appeal e non si riesce a concentrarvi l’attenzione dell’opinione pubblica.
(Lorenzo Torrisi)