E così, nonostante non se ne senta assolutamente il bisogno, specie da un politico che aveva promesso di abbandonare la scena in caso di sconfitta elettorale e non pare proprio che l’abbia fatto nonostante la serie di batoste a cominciare dal referendum, son tornate a fiorir le renzate. Ripeto, non ci mancavano affatto anche perché totalmente rimpiazzate dalle Calendate, ma tant’è, si vede che ormai fanno parte dell’imprinting di un partito, il Pd, che visto così non si capisce proprio come possa essere il nipote dello storico Pci.
L’ultima in ordine di tempo riguarda il famoso (e fumoso) caso dell’aereo Airbus 340-500, velivolo affittato a prezzi da capogiro dall’ex alleato (ma sarebbe il caso di dire padrone) di Alitalia, l’emiratina Etihad, che proprio secondo l’ex premier doveva far tornare a volare in alto la nostra ex compagnia di bandiera, cosa che, come tutti sanno, è accaduta con precisione svizzera, peccato all’esatto inverso.
C’è da dire che questa macchina, il 340, nonostante nella versione 500 rappresenti l’ultima prodotta della serie, non può certo essere annoverata tra i successi del consorzio europeo Airbus. Che difatti l’ha messa fuori produzione anche perché obsoleta oltre che antieconomica per la presenza di 4 motori in un mercato dove ormai i bimotori, anche nelle traversate transoceaniche, la fanno da padrone, proprio per l’evoluzione della tecnica oltreché delle esigenze di un mercato che, pure se la filosofia low cost pare non funzionare proprio sui voli intercontinentali, punta a un contenimento dei costi estremo, visto che anche il prezzo del petrolio sta rincarando dopo anni di costi bassissimi che hanno provocato un boom di profitti delle compagnie aeree (con poche eccezioni, tra le quali Alitalia).
Ma torniamo alla nostra “Rolls Royce” dei cieli: i costi annui proibitivi non sono stati supportati benché minimamente dall’utilizzo, che difatti è stato scarsissimo e limitato ufficialmente solo a una missione a Cuba del Sottosegretario Scalfarotto. Doveva essere inaugurato per la visita di Renzi in Argentina nel 2016, ma poi si scoprì che mancavano le certificazioni ai piloti per voli di oltre 12 ore su quel tipo di aereo, per cui in soccorso venne l’A319 Presidenziale.
E questo aereo è diventato pure il simbolo di uno dei tanti fiaschi delle politiche renziane: quello del “matrimonio” di Alitalia con il vettore emiratino Etihad. Introdotto da fuochi artificiali e promesse iperboliche di ambo le parti, ha finito per rappresentare una delle pagine più tristi degli oltre 70 anni di Alitalia. Promesse di utilizzazione di velivoli intercontinentali che giacevano in molti esemplari negli hangar di Abu-Dhabi senza utilizzo mai compiute se non con uno o due (non ricordo bene) A330 forniti non in condizioni tecniche ottimali, casi come la vendita degli slot su Londra e quella del “Club Millemiglia”, fanno parte di indagini che si stanno svolgendo e che mettono in luce l’operato non proprio cristallino di Amministratori delegati, continuando la lunga tradizione di gestioni “poco etiche” che fanno ormai parte di una triste storia di un ennesimo fallimento che ha come simbolo il caso dell’aereo obsoleto ceduto in un leasing pluriennale a prezzi da gioielleria, ennesimo spot politico di una vicenda che oggi si ripropone a una “nuova” classe politica. Saprà utilizzarla come trampolino di lancio di quel cambio fin troppo professato, per ora, solo a parole?