Mentre il governo sta cercando di armonizzare contrasto alla povertà, detassazione ed equilibrio di bilancio, si fa più evidente la necessità di rafforzare la ripresa in rallentamento. I dati più recenti sull’andamento del Pil 2018, finora stimato all’1,5%, mostrano una tendenza in calo verso l’1,3% con il rischio, segnalato da parecchi analisti, che vada più giù. Ciò implica comunque un’entrata dell’economia nel 2019 col freno tirato, condizione che nel migliore dei casi porterebbe il Pil 2019-20 attorno, e forse sotto, all’1%, quantità insufficiente per sostenere il riassorbimento della disoccupazione, ancora sopra il 10%, e la traiettoria di riduzione del rapporto debito/Pil che è assolutamente necessaria per mantenere la fiducia dei mercati sull’Italia e contenere il costo di rifinanziamento del debito stesso nonché tenere in salute il sistema del credito. Ma, appunto, c’è il rischio che i numeri possano essere peggiori e inneschino una nuova crisi.



Tale scenario, pur solo probabilistico, implica uno stimolo immediato per ridare slancio alla ripresa. Come? La riduzione della crescita è fenomeno globale, con l’eccezione dell’America, causato da motivi tecnici (saturazione dei potenziali in molte nazioni), di squilibrio finanziario, per esempio in Cina, e, soprattutto, dall’effetto restrittivo sui commerci e gli investimenti dovuto alla montante guerra dei dazi. Nell’Eurozona il fenomeno è più marcato perché l’effetto locomotiva della Germania, il cui Pil dipende per il 52% dall’export, è ridotto dalla situazione globale.



L’Italia soffre di più perché alla contrazione dell’export si aggiunge la crisi di fiducia sulla sostenibilità del debito che, pur solo mediatica, sta riducendo gli investimenti interni ed esterni. Da un lato, il motore della ripresa italiana è intatto. Dall’altro, c’è meno carburante. Pertanto il governo dovrebbe aggiungere al suo programma strutturale, ricalibrandolo, uno stimolo d’emergenza per incentivare investimenti che abbiano effetti espansivi nel breve termine: accelerare lavori infrastrutturali finanziati da denaro pubblico, togliere i freni fiscali e burocratici che mantengono depresso il mercato immobiliare, incentivare in modo fortissimo gli investimenti industriali, ecc.



Servono almeno 20 miliardi subito in forma di investimenti pubblici e incentivi fiscali “lampo” per far girare di più il volano del mercato interno allo scopo di bilanciare una possibile contrazione di quello esterno. Difficile, ma non impossibile.

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