Nel governo ci sono due anime: sviluppista, pur con un’inclinazione verso il protezionismo ancora da valutare (Lega) e de-sviluppista, che sfiora in alcune singole espressioni il luddismo, cioè la rivolta contro i treni nell’Inghilterra del 1800 (M5S). Ora le due componenti stanno cercando un compromesso per dimostrare che possono convivere entro una maggioranza coesa. Per esempio, accelerazione della detassazione in cambio di un blocco dell’Alta velocità e di altri progetti infrastrutturali, della rimessa in funzione dell’Ilva, ecc.



La ricerca di un tale compromesso è evidente nelle ultime bozze del Decreto dignità, sezione regole del lavoro, oggetto di prossima votazione in Parlamento: la componente sviluppista, incalzata dall’insurrezione degli imprenditori, sta cercando di attutire le misure che aumentano i costi per le aziende e disincentivano l’assunzione di lavoratori, la parte de-sviluppista sta mollando qualcosa, ma non il principio della garanzia del posto di lavoro a vita indipendentemente dalle condizioni realistiche del mercato e di un’azienda in esso. Pertanto l’eventuale compromesso disincentiverà comunque le assunzioni e la nascita di nuove imprese o la loro espansione in giurisdizione italiana, considerando, per l’area padana, le politiche di attrazione competitiva attuate da Svizzera – impressionanti per benefici quelle del Canton Ticino – Austria, Slovenia e, per le aziende tecnologiche, Francia.



Potrà la promessa di riduzione delle tasse bilanciare o invertire il rischio di de-industrializzazione dell’Italia? La riduzione dei costi fiscali ha il potenziale di mandare in boom un’economia ancora molto forte. Ma, probabilmente, tre compromessi necessari per approvarla ne ridurranno l’impatto positivo. Il primo, nel breve, è con il ministro dell’Economia che imporrà un limite di ordine contabile. Il secondo, di medio periodo, è con la componente de-sviluppista che vorrà più risorse statali per il reddito di cittadinanza. Il terzo, di lungo termine, riguarda il regresso de-sviluppista: senza infrastrutture modernizzanti, senza investimenti esteri spaventati da un governo che non rispetta gli accordi presi, con costi del lavoro de-competitivi, ecc., la crescita del mercato e delle imprese nazionali resterà compressa per poca competitività nonostante la stimolazione fiscale.



C’è tempo per rimediare, ma la componente sviluppista dovrà far valere di più il buon senso economico oppure abbandonare il governo se non riuscisse a farlo.

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