“Non è intenzione del governo adottare misure correttive in corso d’anno o misure che possano peggiorare i saldi”, nonostante “i rischi di una moderata revisione al ribasso delle previsioni di crescita 2018”. Anzi, “valutiamo ancora possibile chiudere il 2018 con un indebitamento intorno al livello programmato e confermato nel Def” dell’1,6%. “Siamo fiduciosi”. Così si è espresso ieri il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, esponendo davanti alle Commissioni bilancio di Camera e Senato a Montecitorio le linee programmatiche del Mef”. E poi ha aggiunto: “Il primo obiettivo qualificante è il perseguimento prioritario della crescita economica in un quadro di crescita e inclusione all’interno di una politica di bilancio, come più volte detto, per la riduzione del rapporto debito/Pil”.
È un bel giro di parole per dire già quello che il suo predecessore, Pier Carlo Padoan, aveva definito come il “sentiero stretto” dei conti pubblici taliani? “No, assolutamente no – risponde Antonio Maria Rinaldi, professore di Finanza aziendale all’Università “Gabriele D’Annunzio” di Pescara -, perché a segnare una netta discontinuità con il passato è il ‘come’ si raggiunge questa riduzione del rapporto debito/Pil. Finora la rotta dei conti pubblici era stata improntata all’insegna della politica di bilancio dell’austerity, che seppur pervicacemente perseguita ha essa stessa decretato l’impossibilità di raggiungere proprio quegli obiettivi di riduzione. Ora gli sforzi dell’Italia saranno orientati alla crescita, perché solo con la crescita, solo aumentando il Pil si possono rimettere in ordine anche gli altri parametri. E dunque si farà ciò che è scritto nel contratto di programma del governo Lega-M5s”.
Insomma, puntando con enfasi sulla crescita come priorità e stella polare dell’azione di governo, l’Italia dirà finalmente addio all’austerity?
Certo. Anche perché la notizia della buona ripresa tanto sbandierata dal governo precedente è stata disattesa. Seppur di decimali, ma quelle previsioni sono state riviste in moderato ribasso. Quella crescita non c’è più. Ma Tria, da bravissimo ministro dell’Economia e da tecnico competente qual è, riuscirà a centrare gli obiettivi e a rientrare nella normativa in atto. Il tutto avverrà nell’ambito della revisione della cosiddetta “golden rule”, cioè la regola che permette di scomputare gli investimenti dal calcolo del disavanzo. Cosa che nessuno finora è riuscito a fare.
Il ministro Tria ha ricordato che la crescita rallenta, la tenuta dei conti non è in discussione e nessuna manovra correttiva è prevista nel 2018, ma – sono parole sue – “il Governo si adopererà per ottenere dall’Europa e da questo Parlamento gli spazi necessari per attuare le misure previste dal programma”. Spazi vuol dire risorse? E dove si possono trovare?
Il compito è doppio. Tria, in qualità di ministro dell’Economia, si impegna a trovare gli spazi tecnici necessari per reperire le risorse che servono. Ma il presidente del Consiglio, Conte, dovrà impegnarsi per trovare gli spazi politici di questa azione, che è appunto una combinazione di manovra tecnica e politica.
Ma quanti spazi ci saranno o ci lasceranno in sede Ue?
Tutti gli spazi di incremento del Pil per il rilancio della domanda interna. Io sono di ispirazione keynesiana e questa ricetta è stata adottata in quasi tutti i Paesi del mondo, compresi alcuni europei. Fa eccezione solo la Ue che, in ragione dei suoi Trattati, ha scelto di privilegiare la stabilità dei prezzi e la rigidità dei conti pubblici. Il che è sicuramente andato a beneficio di pochi, ma per tutti gli altri questa scelta si è dimostrata una politica disastrosa.
Tria ha annunciato il varo di tre task force su welfare, fisco e investimenti. Significa aver dato via libera al reddito di cittadinanza e alla flat tax?
Più che di flat tax bisogna abituarsi a parlare di dual tax, come ha fatto giustamente anche Tria. Ed è giusto iniziare dai redditi bassi. Sono assolutamente d’accordo e plaudo convintamente alla decisione di tutelare prima chi è stato più colpito e penalizzato dalla crisi e oggi si ritrova con una capacità reddituale minima. Il che dimostra anche l’attenzione all’equità e al rispetto per la nostra Costituzione di questo governo. Del resto, quando il Pil al 30-35% poggia sull’export, vuol dire che qualcosa non funziona. Bisogna rilanciare i consumi interni.
In Italia quando si vuole dilazionare qualche decisione si crea una commissione o una task force. Tria ha in tal modo chiesto più tempo per realizzare queste riforme?
Assolutamente no. L’intenzione del ministro, condivisa anche da altri dicasteri, è quella di costituire queste task force, cui parteciperanno a titolo gratuito, e ci tengo a sottolinearlo, categorie, visioni ed esperienze di più parti vitali del Paese, affinchè possano essere offerti contributi, pensieri, consulenze, raccomandazioni ed esperienze utili per arrivare alla decisione migliore.
Nessuna frenata, dunque, su dual tax e reddito di cittadinanza?
Sono i due cardini per rilanciare i consumi interni e la crescita con fortissimi effetti moltiplicatori. E aggiungo che sono molto d’accordo anche con l’obiettivo di una radicale revisione del sistema fiscale italiano. Il sistema-Paese oggi non lo regge più, serve una profonda sburocratizzazione. Siamo come “incartati” su un groviglio di norme, spesso anche tra loro contraddittorie. È giusto che cittadini e imprese possano tornare a ottemperare in modo semplice ai loro obblighi fiscali. Quindi, poche regole certe e sanzioni più che severe per chi evade.
Tria ha fissato un obiettivo ambizioso: “Ridurre la spesa corrente per aumentare quella in conto capitale”. Una svolta non più rinviabile, non crede?
È il sogno di ogni economista. Se il Governo riuscirà in questa svolta, assisteremo a una rifioritura della nostra economia. Per decenni sono stati ignorati gli investimenti pubblici in costruzioni, messa in sicurezza del territorio e manutenzione di strutture e infrastrutture. Questi tre tipi di investimenti, invece, hanno effetti moltiplicatori tali da poter rimettere in moto la filiera delle costruzioni. In questo ambito c’è tantissimo da fare e da recuperare.
In effetti sugli investimenti serve “un’azione immediata”, altrimenti – ha ricordato il ministro – “sarà difficile contrattare con l’Europa”. Bruxelles concede all’Italia più tempo, ma diventa più esigente, mette alla prova il Governo italiano per verificare se le promesse si traducono in passi avanti concreti?
È chiaro che il contratto di programma vuole riattivare una crescita ribaltando i vecchi paradigmi economici. I frutti matureranno. La Ue mette sì alla prova il nuovo governo, ma un’Italia forte e con i conti in ordine non è un vantaggio per tutta l’Europa? Mi auguro che la Ue corregga la sua governance, perché se non lo farà, nel 2019 con le elezioni europee saranno i cittadini stessi a obbligarla a rivedere ciò che finora non è stato fatto per eliminare le asimmetrie. Spero che Bruxelles dimostri questa sensibilità.
Nessuna ipotesi di patrimoniale. Una buona notizia per i cittadini. Forse un po’ meno per i nostri conti pubblici…
Non sono d’accordo. È una buona notizia anche per la tenuta dei conti pubblici, perché la patrimoniale sarebbe una misura di austerity che sottrae capacità reddituale ai cittadini. Bisogna invece lasciare le risorse in tasca agli italiani: non è una scelta che crea consenso, è una scelta che crea crescita.
Un’ultima domanda. Con le sue parole Tria chi ha accontentato, o scontentato, di più tra Salvini e Di Maio?
Ha accontentato entrambi, perché Salvini e Di Maio vogliono far ripartire il Paese, rimettendo al centro i cittadini. Spero che continuino così. La Costituzione lo pretende.
(Marco Biscella)