La Bibbia, nella Genesi, racconta la cacciata di Adamo dal Paradiso terrestre, il luogo della perfezione ove ogni cosa vivente e non vivente era a disposizione dell’uomo, soddisfacendo ogni suo bisogno. Questa allegoria spiega il perché l’uomo deve soffrire e lavorare e sudare per procacciare il pane, inteso come sostentamento e ogni altro bene per i suoi bisogni e per il suo benessere. L’uomo e la donna sono entrati nel mondo, pieno di asperità e sofferenze, ma il desiderio dell’uomo di affrancarsi dalle fatiche, evitare il dolore e la sventura, è un tratto antropologico della sua esistenza, è la ricerca di ritrovare quel paradiso terrestre perduto. 



La politica ha sempre interpretato e sfruttato con i suoi tribuni l’anelito umano del paradiso terrestre, non da ultimo la proposta di legge del reddito di cittadinanza promossa dal Movimento cinque stelle. Idea, questa, volta alla salvaguardia delle classi sociali più deboli. Non per niente, gli ultimi dati Istat rilevano una crescente disuguaglianza in Italia e un esercito di poveri, oltre cinque milioni, pari al 10% della popolazione. L’incidenza della povertà assoluta aumenta prevalentemente nel sud Italia, da cui attinge consensi il movimento, sia per le famiglie (da 8,5% del 2016 al 10,3%) sia per gli individui (da 9,8% a 11,4%). La povertà aumenta anche nei centri e nelle periferie delle aree metropolitane del Nord, bacino elettorale della Lega. Non c’è quindi da stupirsi dei risultati elettorali del 4 marzo scorso; la sinistra e il Partito democratico non hanno interpretato il fenomeno – già in atto da almeno cinque anni – arroccati nella loro cultura radical chic ove gli intellettuali interpretano i bisogni del popolo. Quello che è emerso, invece, è la riconferma del principio di identità aristotelico, alla base della cultura occidentale, nonostante anni di indottrinamento ideologico del politically correct di una società aperta multietnica e multi culturale, leitmotiv dei media progressisti. 



L’adesione totalizzante della sinistra al liberalismo e conseguentemente al liberismo economico è stato il vero errore, una miopia ideologica e culturale. Il pensiero di Rousseau sulla disuguaglianza umana, coniugato ad Adam Smith e alla teoria della mano invisibile, dell’autoregolamentazione dei mercati economici, è stata la pozione velenosa che ci ha portato ai nostri giorni. Se è vero che l’evoluzione della società è inevitabile nel processo storico, è anche vero che il lavoro collettivo degli esseri umani esige sempre un compromesso tra lo stimolo – in gran parte istintivo – dell’interesse personale e la comprensione – in gran misura razionale – dell’interesse comune. Si deve cogliere come gli essere umani, pur tutti uguali, hanno caratteristiche e qualità diverse non distribuite in modo omogeneo. 



Pareto, nella sua formulazione delle teoria delle élite, aveva individuato come questo fenomeno sia antropologico: la distribuzione delle qualità e delle capacità, come la distribuzione della ricchezza, sono sempre presenti nella società secondo una logica diseguale. Pochi infatti hanno una qualità, tanti non ce l’hanno. Il Partito democratico renziano non ha compreso come la politica deve correggere questa distonia, salvaguardando le classi sociali più deboli, promuovendo comunque e sempre la meritocrazia, l’etica e la giustizia. Senza giustizia, ricordava Adam Smith, si perde la coesione sociale. Non si è agito sulle pensioni d’oro, né sui privilegi parlamentari; non si è agito a tutela dei risparmiatori dei primi bail in bancari, non si è agito per salvaguardare gli esclusi della legge Fornero. Sono state poste in essere, invece, campagne buoniste migratorie per favorire cooperative sociali, aggravando i conti pubblici anziché promuovere la produttività. Si è promossa la parità di gender, la società aperta e il liberismo, pensando che la riduzione dei prezzi al consumo favorisse il consenso. La globalizzazione ha obbligato invece alla delocalizzazione, alla chiusura di attività produttive e alla riduzione dei salari e alla precarietà.

Si è liberi sessualmente ma, in realtà, si è schiavi per 700-800 euro al mese. Il liberismo e i mercati competitivi accelerano, infatti, la distribuzione paretiana nella società: i migliori emergono senza freni, incrementando le disuguaglianze e il risentimento delle classi sociali escluse, che via via, si vedono sempre più ai margini. Contestualmente, l’appartarsi delle classi privilegiate, trasformatesi in caste, irrita i pregiudizi e concentra l’antagonismo che, a sua volta, alimenta lo spirito identitario degli esclusi, anche come nazione in ambito europeo. Il processo si autoalimenta, la politica dei migranti europea, percepita come diktat ai danni dell’Italia, come effettivamente è, accelera l’identità nazionale e il consenso all’ azione dell’attuale governo e dei partiti che lo sostengono. A nulla valgono i proclami e le reprimende dell’Onorevole Martina o di Repubblica o di attori radical chic. La storia segue il suo corso, tutta la società occidentale è pervasa oramai da nazionalismi, la globalizzazione è finita, soffia la restaurazione, entro tre quattro anni il mondo cambierà. 

È la rappresentazione trasfigurata dell’episodio biblico di Caino e Abele, i primi due fratelli gemelli della storia umana. La rappresentazione delle due facce dell’uomo, lo spirito errante del pastore Abele, prediletto del Signore, e lo spirito stanziale dell’agricoltore Caino. Le pulsioni dell’uomo alla conoscenza e all’ignoto lo spingono in territori inesplorati affrontando le avversità, ma poi l’uomo cerca pace e tranquillità e uccide questa irrequietezza al cambiamento, il nuovo. Questa è la dinamica umana che nei secoli è stata protagonista della storia.