Reddito di cittadinanza e flat tax sono provvedimenti che andranno di pari passo. Lo ha dichiarato Giovanni Tria a Bloomberg, in un’intervista in cui ha anche assicurato che quest’anno non ci sarà alcuna manovra correttiva e che saranno rispettati i parametri di deficit/Pil e debito/Pil concordati. Il disavanzo, tuttavia, l’anno prossimo potrebbe essere più alto rispetto allo 0,9% stabilito dal Governo Gentiloni. Parole che, rilanciate dalla nota agenzia di stampa finanziaria, contribuiscono a rassicurare i mercati e gli investitori internazionali, come ci spiega Ugo Arrigo, Professore di Finanza pubblica all’Università Bicocca di Milano.



Professore, cosa ne pensa delle parole di Tria su reddito di cittadinanza e flat tax?

A mio modo di vedere il ministro dell’Economia sembra voler dire che non privilegia un intervento rispetto all’altro, visto che sono stati proposti dai due contraenti del contratto di Governo. Probabilmente Tria ha voluto evidenziare che non c’è una priorità dell’uno sull’altro, ma che quando si fanno dei passi avanti vanno fatti su entrambi. Mi pare anche però che flat tax e reddito di cittadinanza siano subordinati al mantenimento del quadro generale di finanza pubblica. E quindi si faranno compatibilmente con i vincoli esistenti.



Dunque non si può pensare che questi interventi entrino nella prossima Legge di bilancio…

Tenderei totalmente ad escluderlo perché in questa fase non ci si può permettere di derogare rispetto a quanto è stato concordato in sede europea. Soprattutto, poi, l’obiettivo numero uno deve essere disinnescare le clausole di salvaguardia. Sarebbe inutile concedere il reddito di cittadinanza se poi chi ne beneficia deve pagare di più per i beni di cui ha più necessità perché l’Iva è aumentata; oppure ridurre la pressione fiscale da un lato con la flat tax e aumentarla dall’altro con l’incremento dell’Iva. Gli italiani si sentirebbero presi in giro nell’uno e nell’altro caso.



Tria ha anche evidenziato che una maggiore crescita dell’economia arriverà con la graduale attuazione del programma di governo. Dal suo punto di vista bisognerà quindi agire sulla composizione delle entrate e delle spese fiscali. Cosa ne pensa?

Occorre capire se sul fronte delle spese fiscali ha in mente un riordino che permetta anche un maggior gettito fiscale. Questa è un’idea che era circolata già in passato. Sono state varate nel tempo molte agevolazioni fiscali e ci sarebbe bisogno di un riordino. Ho però impressione che non si possano radicalmente ridurre o disboscare, perché sopprimerle tout court vorrebbe dire aumentare di fatto le aliquote Irpef. 

Il ministro ha già annunciato che l’anno prossimo il deficit potrebbe essere superiore allo 0,9% del Pil concordato. C’è da preoccuparsi?

Se ci si discosta dall’obiettivo concordato bisognerebbe motivare questa scelta. Occorre poi capire di quanto ci si discosta. E anche se il Governo intende fare un’azione seria di revisione della spesa pubblica. Da lungo tempo gli esecutivi non vogliono occuparsi seriamente del tema: al massimo hanno nominato degli esperti per studiare come e dove intervenire, ma non si è andati oltre. 

E anche adesso a parte le dichiarazioni “di principio” non sembra vedersi nulla di concreto…

A parte l’intervento annunciato da Di Maio sulle pensioni d’oro. Vorrei ricordare che l’unico ministro che ha inciso sulla spesa pubblica previdenziale è stata Elsa Fornero: ancora oggi è sotto attacco per quello che ha fatto. 

Professore, forse l’aspetto più importante dell’intervista a Tria è il fatto che è stata rilasciata a Bloomberg e quindi può essere servita a rassicurare gli investitori internazionali sulle intenzioni del nuovo Governo italiano. Missione compiuta per il ministro?

Secondo me, Tria è stato molto efficace finora nel far vedere che non c’è discontinuità nella gestione della finanza pubblica, non c’è nessun avventurismo e nessuna tendenza a staccare i piedi da terra. L’impressione che ha dato sinora il ministro è che la situazione dei conti pubblici sia sotto controllo e che non intende distaccarsi da quanto fatto dai suoi predecessori e da quanto di fatto si attendono i partner internazionali. 

Che differenza c’è allora tra Tria e Padoan?

Rispetto a Padoan, specie quello coabitante con Renzi, mi sembra che Tria abbia una maggior autonomia personale. 

Un’autonomia che potrebbe dar fastidio a Lega e Movimento 5 Stelle, che dovranno pur realizzare quel che hanno promesso?

Credo che le due forze politiche di governo siano consapevoli che sarebbe problematico partire con il piede sbagliato. Ho impressione che l’atteggiamento di Tria non vada in conflitto con le forze di Governo. Le quali sanno probabilmente che se si crea sfiducia nessuna agenda di governo sarà attuabile. Per usare una metafora, il pullman della finanza pubblica lo guida Tria e non è il caso di disturbare il conducente.

Al massimo sarà un problema l’anno prossimo.

Sì. Sempre per restare nella metafora, i capicomitiva Salvini e Di Maio possono comunque chiedere al conducente quali fermate fare lungo il tragitto, ma alla fine chi guida è Tria. Le lamentele possono arrivare se le destinazioni richieste non vengono raggiunte.

(Lorenzo Torrisi)

Leggi anche

RETROSCENA/ La mossa di Tria: obbedire all’Ue e lasciar litigare Lega e M5sPIÙ TASSE/ “Cosa deve fare Conte per non finire come Monti”FINANZA/ La flat tax e quell’errore di “calcolo” che costa caro al governo