Caro Beppe Grillo, tu chiudi un post sulla politica sul tuo blog così: “Come diceva Renè Descartes, ‘se vuoi veramente conoscere la verità, almeno una volta nella vita devi dubitare, il più profondamente possibile, di tutte le cose'”. Bene, io da qui riparto. Comincio dalle verità. Renè, nel XVII secolo cambia i connotati all’uomo; con “l’io penso” lo affranca dal sovrannaturale, disincarnandolo, lo estrae pure dal naturale. Posto fuori dalla natura, in quegli stessi anni, nella “pittura di paesaggio” la rimira; nella “natura morta” la saccheggia. “Illuminato” da quel pensiero, libero da impacci, raggiunge vette inesplorate.



Tu, con i tuoi “vaffa”, hai prima sgretolato una Politica negletta, appesa a politici da operetta, poi a sciabolate d’etica hai costruito l’alternativa; sei, con i tuoi sodali, la prima forza in Parlamento. Io? Beh, studio l’Economia dei consumi, quella che gli accademici non scorgono e che le facoltà di Economia non insegnano. Dunque, da economaio, ancorché amorale, anch’io ne ho una: la crescita si fa con la spesa, non con la produzione né con il lavoro[1]. Così vengono generati i due terzi di quella ricchezza che, intascata dall’impresa e trasferita, serve magari a mal pagare il capitale, il lavoro poi pure la previdenza, l’assistenza, la sicurezza, la difesa, l’istruzione…; giust’appunto, tutto quel che non può farsi con la de-crescita.



Beh, dette le verità, tocca ai dubbi. A Renè, che dal 1650 si è reso indisponibile, fischieranno le orecchie se, quel pensiero illuminato e disincarnato, sembra in parte responsabile di una Natura depredata al cui capezzale si lagnano gli eticisti d’ogni risma. Tu, con i tuoi dubbi, dici: “Questo sistema si è rotto, non funziona ma non avendone un altro migliore non ci resta che capire cosa non funziona. Io un’idea ce l’ho, il suo nome tecnico è ‘sortition’. Ma il suo nome comune è ‘selezione casuale’. […]. L’idea è molto semplice: selezioniamo le persone a sorte e le mettiamo in Parlamento”.



Beppe, Dio/te/ne/renda/merito; io, da molti anni renitente al voto, ti vengo dietro. Ehi, ma per non cadere nella trappola del conflitto d’interessi, con questa sortition non smentisci pure quelli che hai concorso a far eleggere? Beh, d’altronde al dubbio si paga un prezzo! Non pago specifichi: “La selezione dovrebbe essere equa e rappresentativa del Paese. Il 50% sarebbero donne. Molti sarebbero giovani, alcuni vecchi, altri ricchi, ma la maggior parte di loro sarebbe gente comune”. Eh no Beppe, sarà pure un eterogeneo microcosmo della società, ma… con un comune obbligo di ruolo, quello di dover fare la tanto esecrata spesa per generare quella non esecrata ricchezza per tutti.

Tutti? Beh, qua il dubbio viene a me: ti avevo già detto come quella ricchezza, generata appunto dalla spesa, dalle imprese venga poi trasferita ai fattori della produzione: capitale e lavoro. Dunque, nella vecchia economia della produzione questo meccanismo di trasferimento sembrava funzionare; nell’attuale economia dei consumi, che non incorpora tra i fattori la funzione della spesa, no. Dà a chi troppo ha per poter spendere tutto, poco a chi non ha da spendere.

Bene, nel dubbio, la vedi la possibilità? Massì un Senato con Senatori a caso che, non a caso fan tutti la spesa, avranno una voglia plebiscitaria (non in conflitto di interesse, fanno per l’interesse di tutti) di ristrutturare, magari a norma di legge, quest’aggeggio di trasferimento inserendovi il remunero, proprio di quel fattore nuovo di zecca; buono per rifocillare il potere d’acquisto.

Quale potrà essere il dividendo che se ne può trarre, dici? Beh, a occhio e croce, due piccioni con una fava. Il primo, un tornaconto [2], adeguato alla bisogna che compensi il ruolo svolto per tenere in equilibrio il sistema economico/produttivo e attivo il ciclo. Ci sono, nel mondo, grandi imprese che già lo fanno: rende! Il secondo, per non perdere il suddetto tornaconto, nel trovare interesse alla responsabilità. Giust’appunto, se la Terra, malata, mette a rischio il futuro del nostro guadagno dobbiamo sventare questo rischio. Il modo: fare domanda di merci a basso impiego energetico ed eco-compatibili; pure quella di beni immateriali e di prodotti ignudi, svestiti dai packaging sfrontati.

E quando tutti in coro facciamo queste domande, beh, allora la domanda comanda e all’offerta toccherà ubbidire.

Già, questo s’ha da fare per la nostra cara amica: rassodare la capacità riproduttiva e ripristinare quella di smaltire i residui. Glielo dici tu a Renè?

[1] A un’impresa e a un lavoro sovraccapace questo accade: un’ auto, prodotta ma non venduta, non è ricchezza, arrugginisce; il latte invenduto dopo tre giorni caglia; con il giornale, rimasto in edicola, il giorno dopo si incarta il pesce!

[2] Il tornaconto del potere d’acquisto sta al felino che caccia per mangiare come il reddito di cittadinanza sta al fellone che mangia la pappa e fa le fusa.