Giancarlo Giorgetti, plenipotenziario economico di Matteo Salvini, ha messo le mani avanti: “A fine mese mi aspetto un attacco dei mercati”, ha dichiarato al quotidiano Libero. Se lo dice lui che è laureato alla Bocconi saprà qualcosa che noi non sappiamo. E forse farebbe bene a dirci qualcosa in più, senza diffondere fake news sul fatto che i titoli di stato italiani sono in mani straniere, mentre meno di un terzo è acquistato da banche estere o dalla Bce, tutti gli altri sono nei portafogli delle famiglie e delle banche italiane. Perché a tre mesi dalle elezioni, contribuenti, risparmiatori ed elettori italiani non sanno ancora nulla della prossima Legge di bilancio. Dopo tutto un gran parlare di complotti stranieri e di piano B, nessuno conosce il piano A, forse nemmeno il Governo. 



Certo, la Legge di stabilità, cioè la ex finanziaria, verrà costruita a settembre, tuttavia in primavera bisognava già presentare il documento di programmazione triennale con tutte le cifre di riferimento: crescita, disavanzo, debito, ecc. La difficoltà nel formare una maggioranza e un Governo ha fatto slittare l’appuntamento a giugno. Poi siamo arrivati a luglio e adesso a Ferragosto, ma le cifre non ci sono. Stiamo a quelle presentate da Pier Carlo Padoan che non reggono più non solo perché altre sono le priorità del governo giallo-verde, ma perché la congiuntura si è raffreddata, è aumentato lo spread (260 punti base) che rincara il costo del debito e il prodotto lordo rallenta in modo evidente quest’anno: dall’1,5% all’1,1% o forse 1%, a seconda dei metodi di calcolo.



Tenendo conto di queste due novità non positive, il disavanzo pubblico sarà attorno all’1,9%. Il trascinamento verso l’anno prossimo, al netto di correzioni e delle misure annunciate dal Governo che sulla carta comportano più spese (il reddito di cittadinanza) e meno entrate (la flat tax), indica che il 2019 parte con un deficit di 2,4 punti, secondo i calcoli degli economisti Lorenzo Codogno e Giampaolo Galli pubblicati da Il Sole 24 Ore. L’attuale Governo ha deciso di non introdurre nessun aggiornamento in corso d’opera, quindi tutto dipende da una Legge di bilancio che rischia di diventare una sorta di ordalia. 



L’assalto alla diligenza che in genere cominciava dopo la presentazione è stato anticipato. L’Iva aumenta, no non aumenta. Gli 80 euro vengono tolti, no vengono “riassorbiti”. La Fornero si straccia, no si smonta dice Matteo Salvini, forse, più realisticamente, si ritocca; ma come, quando, con quali costi? La tassa piatta non è più piatta. Non ci sarà nessuna aliquota unica al 15% e nemmeno al 25%, ma due aliquote: no tre; oggi ce ne esistono cinque, una semplificazione è sacrosanta. Verranno sfoltite deduzioni e detrazioni, anche questo non è male, il fisco più è semplice più è giusto. Però attenzione, perché c’è il rischio che si tolga con una mano quel che si dà con l’altra. A fine anno la pressione fiscale complessiva oggi al 42,5%, sarà o no inferiore? Nessuno finora si sbilancia. Rivedremo la solita mazzata sulla benzina, odierna versione di quella sul macinato?

Mistero dei misteri il reddito di cittadinanza. Luigi Di Maio sostiene che c’è “una corsia preferenziale”. Anche qui come sulla flat tax, Giovanni Tria, ministro dell’Economia, parla di anticipare qualcosa. Ma che cosa? Bisogna aspettare che funzionino i Centri per l’impiego, campa cavallo. E intanto? Verrà assorbito il reddito di inclusione varato dai governi Renzi-Gentiloni, un classico cambio di nome, non di sostanza, magari con qualche spesa in più senza sapere quanto, né da dove prenderla. 

Un economista come Gustavo Piga, non pregiudizialmente contrario a questo governo, ha fatto qualche conto e sostiene che Giovanni Tria vorrà tenere il deficit pubblico attorno al 2%. Dato il punto di partenza, ci siamo già; dove trovare lo spazio per tutte le promesse elettorali? Le chiacchiere sul piano B ci sono costate un punto di spread. Quanto ci costerà la mancanza del piano A? 

Quando a fine mese arriveranno le valutazioni di tutte le agenzie di rating, senza che gli analisti abbiano potuto sapere che cosa farà il Governo e quali sono le cifre chiave che rappresentano la cornice all’interno della quale si muoverà la politica economica e fiscale, è chiaro che cosa accadrà. I fondi d’investimento saranno pure locuste, vampiri, briganti in agguato ai crocicchi dell’economia, ma hanno come mandato di remunerare i quattrini affidati loro dai risparmiatori, spesso piccoli, dalle “vedove scozzesi” come dai lavoratori italiani. E in queste condizioni di incertezza, anzi di nebbia cognitiva, sarà difficile concludere che comprare Btp non debba scontare un qualche premio al rischio. 

Queste cose non stanno solo sui libri di testo della Bocconi, ma fanno parte del buon senso della gente comune.