La nave va. Forse – Ma dove? Questa domanda è stata rivolta spesso al vostro chroniqueur durante un recente soggiorno in Germania e Austria. Si avverte un senso di smarrimento della rotta, di mancanza di obiettivi comuni, coesi e condivisi da un Governo la cui due forze politiche godono, secondo i sondaggi di un ampio supporto dagli elettori. La risposta che, se non altro per amor di Patria, viene naturale, a fronte di interlocutori stranieri, è che si è ancora in una fase in cui sensibilità differenti si stanno amalgamando e che la sintesi si vedrà in settembre con l’aggiornamento del Documento di economia e finanza e con l’approntamento della Legge di bilancio.



Tra noi italiani occorre, però, ammettere che anche concesso che “la nave va” (anche se a un ritmo più lento del previsto), il senso di direzione non è affatto chiaro. In effetti, non si vedono né l’approdo, né la rotta per arrivarci, I Ministri tecnici “economici” – quello dell’Economia e delle Finanze e quello degli Affari europei – puntano su un grande programma d’investimenti pubblici per stimolare la crescita. Il programma verrebbe agevolato dall’Unione europea sia scomputando il costo dai parametri dei Trattati europei e degli accordi intergovernativi, sia supportandolo con finanziamenti comunitari. Tuttavia, come già sottolineato su questa testata, sono pochi i progetti canteriabili di cui si dispone. E questi pochi (Tav, Tap, Pedemontana e simili), anche quelli finanziati dall’Ue, rischiano di essere bloccati da una delle due forze di Governo. 



Ci sono, indubbiamente, esigenze di investimenti “diffusi” in altri settori certamente importanti e prioritari come l’assetto idrogeologico, l’edilizia scolastica, il risanamento delle periferie. Il terzo, però, è stato appena bocciato dal Parlamento e per gli altri due esistono unicamente schemi preliminari avviluppati per di più in una complessa rete di competenze tra Stato, Regioni e Comuni. Per quanto si possa essere comprensivi nei confronti di un Governo ancora giovane, i nostri partner europei, e la stessa Commissione, non possono non essere sconcertati: ci si appresta a rimborsare la Commissione di due miliardi di euro (per gli acconti Tav) e a pagare forse penali alla Francia e al tempo stesso si stende la mano per implorare flessibilità per la spesa in conto capitale anche se non esiste una platea di investimenti valutati positivamente e pronti a essere attuati.



Ancora più grave la situazione della spesa di parte corrente, del disavanzo e quindi del debito pubblico. A ogni occasione, il ministro dell’Economia e delle Finanze sottolinea l’esigenza di tener la barra dritta, ridurre gradualmente il debito pubblico e, quindi, usare l’accetta sulla spesa di parte corrente, data l’intenzione di aumentare quella in conto capitale. Ogni qual volta, però, entra nello specifico (vedi gli 80 euro di renziana memoria) viene richiamato all’ordine dai due vicepresidenti del Consiglio, e leader delle due forze di maggioranza, e gli viene ricordato che è lì per eseguire un contratto di governo da loro stipulato e da loro interpretato. 

In Italia questa situazione può sembrare tra il buffo e il patetico, ma non giova certo alla forza contrattuale del nostro ministro dell’Economia e delle Finanze in Europa e nel resto del mondo.

La nave davvero va? Buon Ferragosto!