PepsiCo va a caccia di una nuova fetta di mercato, quella dei Millennials, e per farlo si adegua alla moda eco-salutista del momento: da qui l’assalto a Sodastream, l’azienda israeliana nota in tutto il mondo per la produzione di apparecchiature che permettono ai consumatori di trasformare l’acqua del rubinetto di casa in acqua gasata e di darle il sapore che si preferisce con degli appositi sciroppi. Come riportato da Il Sole 24 Ore, è stato il nuovo numero uno di PepsiCo, Ramon Laguarta, a spiegare la nuova svolta:”Sodastream è complementare alle nostre attività, e ci consente di offrire soluzioni personalizzate nelle case dei nostri consumatori in tutto il mondo”, aggiungendo che l’obiettivo è avere prodotti “con migliori caratteristiche nutrizionali e allo stesso tempo limitare il nostro impatto sull’ambiente”. (agg. di Dario D’Angelo)



UN MATRIMONIO ECONOMICO PREVISTO PER IL 2019

Sarà un matrimonio sicuramente a base di bollicine, quello che si sta per consumare tra la Pepsi e l’israeliana Sodastream, con una proposta di acquisto di 3,2 miliardi di dollari. Un matrimonio ovviamente con un lungo corteggiamento iniziato nel 2015, e che si dovrebbe celebrare a inizio 2019. La nota azienda americana concorrente della Coca Cola punta infatti da anni a prendersi quella che è la maggiore produttrice al mondo di bombolette per la produzione di acqua gasata a casa, oltre a 100 tipi di sciroppi diversi in 45 paesi al mondo, per un totale di 80mila punti vendita. Un po’ come la nostra vecchia Idrolitica, insomma, ma più tecnologica.



PEPSI ACQUISTA SODASTREAM PER 3,2 MILIARDI DI DOLLARI

Il fatto è che la Pepsi vuole posizionarsi su un mercato casalingo adesso che le bibite gassate non sono più così di moda per motivi dietetici. In realtà Sodastream è nata originariamente, nel lontano 1903, in Inghilterra e acquisita dalla israeliana Soda-Club nel 1998. Non mancano le polemiche legate ad essa, vista la delicata situazione del paese: fino al 2015 infatti lo stabilimento principale era in Cisgiordania e occupava centinaia di palestinesi. Poi il mondo liberal anti Israele ha cominciato a mobilitarsi, compresa l’attrice Scarlett Johansson che recise il suo contratto pubblicitario con l’azienda, e la direzione chiuse la sede palestinese lasciandoli senza lavoro. Oggi i dipendenti palestinesi sono una settantina soltanto. In territorio israeliano invece gli stabilimenti aperti sono tredici.