“Si fa famiglia se ci si ama, ma poi si fanno figli anche quando e se i conti tornano”, dice Giorgio Vittadini, riferendosi ai dati sul calo delle nascite al Sud. Ed è soltanto uno dei mille spunti che arrivano dal confronto tra idee diverse, ma ispirate da una comune volontà al “capezzale” metaforico di un Sud che continua a interrogarsi, come il titolo dell’incontro evidenziava, su “quale futuro” darsi. “Usiamo ancora meno del 5% dei Fondi strutturali per incapacità organizzativa”, osserva il Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, il cui rapporto 2017/2018 è stato appunto dedicato a “Sussidiarietà e… giovani e Sud”. “Questo accade perché non si procede di comune accordo nello sforzo di rilanciare la crescita. Negli anni Cinquanta, Dc e Psi erano divisi su tutto, eppure si accordarono per sostenere la crescita. Sento parlare di privatizzazioni, nazionalizzazioni… dico invece che attori pubblici e privati devono collaborare. È chiaro che il privato non può essere speculativo e il pubblico non può essere clientelare, ma la collaborazione è indispensabile, cioè è il metodo indispensabile. Lo stesso metodo che ha fatto funzionare bene, nei primi vent’anni di attività, anche la cassa per il Mezzogiorno. Ecco, si deve ricostruire insieme. Un incontro come questo di oggi mi sembra un buon auspicio per la possibilità che la condivisione di questo metodo venga prima delle divisioni politiche”.



Vittadini è partito da una serie di dati effettivamente impressionanti. Dal calo della popolazione residente previsto al 2035 nell’ordine di 1,5 milioni di unità rispetto a oggi all’invecchiamento di questa popolazione, fenomeni molto più accentuati rispetto al Centro e al Nord. È in atto poi un depauperamento del capitale umano, attestato dall’abbandono scolastico (18,4% contro una media nazionale del 13,8%), dal minor numero di laureati (20,7% contro 26,2%) e dai peggiori risultati ai test Invalsi. E dal 2002 al 2016 il saldo migratorio dei giovani del Sud è stato negativo per circa 150 mila unità… la povertà affligge ancora l’8,5% della popolazione. E naturalmente il tasso di occupazione (tra i 20 e i 64 anni) è del 44,8% contro il 63,2% del Centro Italia e il 66,8% del Nord.



Sulla scorta di questi e altri dati è tuttavia possibile individuare una strategia di ripresa, purché all’insegna di quella concordia “di metodo” raccomandata da Vittadini. E purché si parta dal negoziato con l’Unione europea per riconoscere la valenza del Mezzogiorno come piattaforma europea al centro del Mediterraneo. Attorno, però, a delle strategie di ampio respiro tra le quali rientra che il Meridione d’Italia sia al centro della politica energetica nazionale e dello sviluppo di questo settore.

Le regioni meridionali – anche in virtù delle condizioni climatiche e della posizione geografica al centro del Mediterraneo – dovrebbero essere messo “al centro dello sviluppo energetico del Paese”, in modo da ridurre il costo stesso dell’energia, più alto “del 40%” rispetto agli altri principali paese europei. Del resto, “i gasdotti e gli oleodotti si possono fare anche senza distruggere gli ulivi”, ha proseguito Vittadini citando espressamente il Tap; senza dimenticare che “possiamo sviluppare l’eolico e il fotovoltaico, facciamolo”.



La Fondazione per la Sussidiarietà – ha ricordato Sandro Bicocchi, che ha condotto l’incontro – è pronta a svolgere un ruolo di collaborazione e sviluppo a fianco dell’Intergruppo che lavorerà ai piani di rilancio del Sud. E sono state in buona sintonia le varie voci politiche che si sono susseguite al tavolo, da Roberto Speranza, coordinatore nazionale di Liberi e Uniti, a Fabio Rampelli, vice presidente della Camera dei Deputati, di Fratelli d’Italia, Barbara Saltamartini, della Lega, Presidente della X Commissione (Attività Produttive, Commercio e Turismo) della Camera e Luigi Marattin, Deputato al Parlamento italiano, del Pd.

Citando il giornalista del Mattino Antonio Menna e il suo libro “Se Steve Jobs fosse nato a Napoli” – che descrive il tentativo frustrato di due giovani napoletani di affermarsi nella loro città con delle invenzioni paragonabili a quelle di Jobs – Marattin afferma che “nessuno problemi del nostro Sud ha a che fare col fatto che si spenda poco, semmai si spende male. Negli ultimi 25 anni, il grande fallimento del Paese è stato quello della governance pubblica e sulla qualità dei dirigenti delle istituzioni”. È il fallimento della metamorfosi dallo Stato gestore allo Stato regolatore… “In questo Paese non si è creato un vero sistema federale”, aggiunge Marattin, “ma un sistema confuso e sghembo. Perché non si è capito che il vero federalismo è tale solo se basato su 2 pilastri: autonomia e responsabilità. Abbiamo pensato che il federalismo fosse devolvere quante più materie possibili alla periferia, ma è una semplificazione, perché anche questa logica cambia a seconda dei tempi e del mercato. E oggi ci troviamo con tredici Regioni a statuto ordinario che hanno fatto domande di autonomia. Sogno un federalismo in cui vadano di pari passo autonomia e solidarietà…”.

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