L’estate sta finendo, il gestore se ne va. Ben prima degli annunciati assalti della speculazione alla “rivoluzione giallo-verde” è cominciata la fuga degli investitori internazionali dai Btp. I dati forniti dalla Banca d’Italia segnalano che negli ultimi due mesi c’è stato un esodo degli investitori stranieri dai titoli di Stato: -33 miliardi di euro in giugno, dopo i -34 miliardi di euro di maggio. Non è difficile prevedere che si tratta solo dell’inizio. Con l’approssimarsi delle aste di fine mese, in un contesto di incertezza per la prima legge di Bilancio targata M5S-Lega.
Il rendimento del decennale italiano si attesta attorno al 3,10% e lo spread con la corrispondente scadenza del Bund veleggia attorno ai 280 punti. “Ma – nota Lorenzo Bini Smaghi – il concentrarsi delle aspettative sulla prossima legge di Bilancio crea tensioni, nervosismo, incertezze. E sempre più operatori, a partire dagli stranieri, finiscono con l’abbandonare l’Italia. Se non si dà un segnale forte per interrompere quest’ossessione del 15 ottobre, la fuga dei capitali che già conosce un’accelerazione pericolosa, si accentuerà, lo spread s’impennerà e alla fine a farne le spese saremo tutti, imprese e cittadini”, ha avvertito Bini Smaghi.
Per ora, però, i “segnali forti” vanno in ben altra direzione: il curioso stallo sull’Ilva, il “delitto perfetto” che si va consumando sulle legittime aspettative dei lavoratori di Taranto, assieme all’incertezza che accompagna le non scelte di politica industriale (Tav, Tap) di una maggioranza divisa salvo quando, come è il caso della gestione del disastro di Genova, può recuperare il ruolo e i toni dell’opposizione. E così le prossime aste del Tesoro assumono il sapore del d-Day. Mercoledì il Tesoro lancerà l’offerta di Bot semestrali. Martedì andranno in asta tra 1,25 e 1,75 miliardi del Ctz marzo 2020 per 1,25-1,75, mente per i dettagli dell’asta a medio-lungo termine di giovedì occorrerà attendere lunedì.
Nel frattempo, il Governo sembra dare per scontata la disaffezione dei mercati, parente stretta dell’ostilità della maggioranza giallo-verde per l’Europa e la moneta unica. Dando per scontata la sfiducia dei “poteri forti”, gli sforzi dell’esecutivo sono concentrati sulla ricerca di nuove alleanze, preferibilmente tra i nemici di Bruxelles. Paolo Savona suggerisce la “carta russa”, nonostante i grossi problemi finanziari di Mosca. Il ministro Giovanni Tria sta per partire alla volta della Cina. Spunta, infine, il possibile aiuto di Donald Trump: il Presidente potrebbe, non si sa bene come, spingere le banche Usa a sostenere la maggioranza sovranista conto il “ricatto” europeo: quattrini yankee, insomma, dovrebbero compensare la fine degli acquisti da parte della Bce e fornire così i mezzi per assistere la “rivoluzione” italiana e sventare il “complotto” dell’Eurozona. Più facile a dirsi che a farsi, salvo che nella fantapolitica che sembra di casa nei palazzi italiani del potere.
Di qui il balletto di cifre, più meno verosimili. Savona continua a parlare dei quattrini per lo sviluppo che potrebbero arrivare dall’anticipo degli investimenti delle società nell’orbita dei Tesoro (ma i conti non tornano), Tria punta sulla Cina, che di certo non sembra prodiga negli ultimi tempi. Il premier Conte evoca l’appoggio, non si sa come, di Donald Trump. C’è da crederci? Presto per dirlo. L’unica cosa certa è che la supposta “rivoluzione” italiana ha bisogno di appoggiarsi a una tutela internazionale, come il Bel Paese è abituato a fare da secoli.
Perso lo scudo atlantico, andato in fumo il sogno europeo, non resta che sperare in un ibrido di varia ideologia, purché porti quattrini.