Se in Italia la disssimulazione appare ormai norma, come ci ha mostrato plasticamente il caso Diciotti, all’estero il copione rischia di essere simile. Perché se tutti i media hanno riportato, con più o meno clamore, la notizia della decisione tedesca di puntare alla presidenza della Commissione Ue più che alla guida della Bce, in pochi hanno dato conto di quanto dichiarato nelle stesse ore dal ministro degli Esteri di Berlino, Heiko Maas. Uno non certo tacciabile di simpatie filo-russe o anti-americane, visto che nella scorsa legislatura, come ministro della Giustizia, diede vita a una draconiana legge contro le fake news, la quale prevedeva oltre a multe salatissime anche il carcere, nei casi più gravi.
E cos’ha dichiarato il buon Maas, parlando la scorsa settimana con il quotidiano economico Handelsblatt? «L’Europa non dovrebbe permettere agli Usa di agire al di sopra delle nostre teste e a nostre spese. Per questa ragione, è essenziale che rafforziamo l’autonomia dell’Europa, dando vita a canali di pagamento che siano indipendenti dagli Stati Uniti, che creiamo un Fondo monetario europeo e un sistema Swift indipendente». In un periodo storico normale, una notizia simile avrebbe aperto i tg di tutta Europa e le prime pagine dei quotidiani. Invece, pressoché silenzio. E c’è dell’altro. Parlando dell’accordo sul nucleare iraniano, Maas ha dichiarato che «ogni giorno che quell’accordo continua a esistere è un giorno migliore rispetto alla crisi esplosiva che altrimenti minaccerebbe il Medio Oriente».
Certo, la Germania è il primo Paese in Europa per interscambio commerciale con Teheran, ma sapete chi è il secondo? Bravi, l’avete capito. Ma la questione base su cui focalizzarsi è il sistema Swift, ovvero il network di pagamenti con sede in Belgio che permette alle istituzioni finanziarie di inviare e ricevere informazioni riguardanti transazioni finanziarie. Pur essendo dipinto come politicamente neutrale e indipendente, di fatto Swift è un’arma nelle mani statunitensi per quanto riguarda, soprattutto, l’efficacia verso soggetti terzi di proprie politiche sanzionatorie internazionali: è già successo in passato, soprattutto con l’Iran. Tu guarda che combinazione.
Nel 2012, il quotidiano danese Berlingske diede notizia del fatto che le autorità statunitensi, proprio grazie a Swift, riuscirono a confiscare il denaro che un uomo d’affari danese aveva trasferito per un carico di sigari cubani proibiti e sotto sanzioni Usa. Tanto per farvi capire l’invasività e l’efficacia di quel sistema per scopi non direttamente riconducibili a transazioni. La ragione? Semplice, come la grandissima parte delle movimentazioni finanziarie mondiali, quel pagamento era effettuato in dollari, fattispecie che in base agli accordi Swift permetteva alle autorità di Washington di bloccarlo. Per Thorsten Benner, direttore del Global Public Policy Institute, un think tank con sede a Berlino, «l’intervento di Maas è stato l’appello più forte finora mai fatto in favore dell’autonomia monetaria e finanziaria europea vis-à-vis con gli Usa». Dibattito al riguardo in Italia? Nessuno. Mezzo governo si occupa di 150 disperati al porto di Catania, l’altra metà non si sa bene quale ruolo abbia. L’opposizione, poi, meglio nemmeno contemplarla. Di fatto, una sfida senza precedenti all’egemonia finanziaria statunitense.
Oggi si tratta di bypssare il controllo Usa nel commercio fra Europa e Iran, domani magari con la Russia, dopodomani con la Cina. Insomma, in discussione c’è l’indipendenza economico-finanziaria europea dai diktat e dal controllo di Washington. Basta il fatto che sia stato un tedesco ad avanzare questa proposta per farla diventare immediatamente irricevibile, magari in nome della panzana in base alla quale Trump comprerà i nostri Btp al posto della Bce nel 2019? Perché vi parlavo di dissimulazione, prima e paragonavo la furbata del Governo italiano per sforare il 3% a queste dichiarazioni di Maas? Perché stranamente, dagli Usa è già partita una richiesta di chiarimenti nelle scorse settimane, relativamente a un trasferimento di capitali proprio dall’Iran verso la Germania, tracciato via Swift. Proprio ora che Angela Merkel ha incontrato Vladimir Putin e il gasdotto Nord Stream 2 attende solo il via libera della Danimarca, dopo l’ok della Svezia (salvo cambiamenti post-elezioni del 9 settembre, visto che Washington quando vuole sa essere molto convincente). Proprio ora che le sanzioni contro l’Iran devono entrare nel vivo e quelle contro la Russia minacciano di essere ulteriormente implementate, oltretutto con strane voci che dal Cremlino mettono in guardia riguardo l’imminente rischio di una nuova false flag con armi chimiche in Siria, dopo che il buon John Bolton – non più tardi di venerdì scorso e in pieno caos per i casi Manafort e Cohen – ha detto che Usa, Francia e Gran Bretagna sono pronte a colpire militarmente, se Assad userà ancora i gas.
Vi rendete conto di cosa sta succedendo nel mondo, di quale sia il livello del dibattito, gli argomenti e gli interessi sul tavolo? No, perché qui si minaccia il martirio del Paese in nome della linea dura sulla Diciotti e i suoi 150 passeggeri. E la magistratura garantisce campagne elettorali a costo zero. Povera Italia, come sei ridotta, in piena versione 2.0 del 1992, ma senza né la dignità, né lo spessore politico di quel mondo spazzato via a colpi di populismo feroce e inferocito, avvisi di garanzia con il ciclostile e carcerazione preventiva come strumento principale d’indagine. Qui siamo invece alla pantomima: del potere, in primo luogo. Ma anche e forse soprattutto, del contropotere. Politico, con un’opposizione da far vergognare e mediatico, persi come siamo a inseguire le lepri che Salvini e Di Maio ci mettono davanti agli occhi come in un cinodromo.
Molti mi chiedono il perché delle mia conversione all’europeismo e la mia avversione totale verso questo Governo, stante quanto ho scritto negli anni. Semplice, paradossalmente proprio in nome della coerenza con quello che è il mio passato. Perché quando qui tutti si dividevano fra centrodestra e centrosinistra e chi ora dice di voler mettere prima gli italiani invitava a pulirsi le terga con il tricolore e inseriva la dizione per l’indipendenza della Padania nel nome del partito, io denunciavo la burocrazia e la strisciante impostazione da stato di polizia economico e informativo dell’Unione europea. Non devo – e mi sono testimoni centinaia di articoli, scritti e con in testa il mio nome – prendere lezioni di anti-europeismo da nessuno, perché ho denunciato le storture di Bruxelles e dei suoi paladini in tempi non sospetti. Ora, però, c’è da fare una scelta di sopravvivenza, perché la crisi del 2008 e gli anni a seguire di follia monetaria delle Banche centrali hanno polarizzato lo scontro all’estremo e portato i grandi soggetti internazionali alla necessità dello scontro globale continuo, esattamente come per anni è servita la guerra permanente al terrorismo per giustificare non solo le scelte propedeutiche a un warfare strutturale di spese militari ma anche una ridefinizione degli equilibri geopolitici nelle aree calde e strategiche del mondo, Afghanistan e Balcani in testa.
Oggi, signori miei, la scelta è fra la sopravvivenza dell’Europa come Unione e mercato (il più ricco al mondo) o la sua disgregazione e trasformazione in un patchwork di protettorati: l’Est con la Russia come ai tempi del Muro di Berlino, i Balcani – Serbia a parte, almeno per ora – con gli Usa e la Nato e il Nord equamente diviso. Il resto destinato a diventare una periferia cinese. So per primo che i tedeschi fanno il loro interesse e così i francesi, ma se la scelta è dover lottare in seno alle istituzioni Ue per farmi rispettare oppure mandare tutto a carte e quarantotto per diventare vassallo ufficiale e a tempo pieno di chi del fare unicamente i propri interessi è campione del mondo, gli Usa in testa, scelgo tutta la vita la prima ipotesi. Non fosse altro per storia e per cultura, prima che per geografia e interesse particolare. E oggi comportarsi come sta facendo questo governo nei confronti di un’Europa platealmente imperfetta ma anche potenzialmente dominante, come conferma la guerra commerciale scatenata da Washington, significa essere o cieco o complice. Quindi, o politicamente inetto o una quinta colonna di interessi che sono, nel 90% dei casi, diametralmente opposti ai miei.
In questo momento, amare il proprio Paese corrisponde a difendere l’Europa, con tutti i suoi errori strutturali, le sue storture e i suoi paradossi. Se invece si punta, per tornaconto elettorale, a tramutarsi nel West Virginia del Vecchio Continente, troverete in me il peggior avversario possibile. E poco mi interessa del vostro giudizio riguardo il mio eventuale cambio di valutazione verso l’Europa: solo gli idioti non cambiano idea. Soprattutto se coerenza non significa, come in questi giorni pericolosi, adesione al proprio spirito ma semplicemente tornaconto o travisamento eroico dell’incapacità di ammettere di aver sbagliato giudizio in precedenza. Io, se sbaglio, lo ammetto. Per me questa, paradossalmente, è coerenza. Il resto è orgoglio. O, molto più spesso, malafede. Piaccia o meno ammetterlo, volere il bene dell’Italia oggi coincide con il tutelare ciò che è il bene di questa Europa imperfetta. E visto che la Germania è tornata capofila in questa battaglia di sopravvivenza, io sto con Berlino. Sulle accuse ridicole di certi ossessionati per ideologia o fregola personale, ci rido sopra. Di gusto.
(2- fine)