In questi giorni convulsi al centro dell’agenda mediatica hanno anche trovato spazio – ma presto torneranno a campeggiare – spread, titoli di Stato e Bce. Come reagirà l’Italia alla prevista bufera finanziaria d’autunno? Cosa farà il nostro Governo? Quale linea verrà tracciata tra Italia e Ue? Quali rapporti vi saranno tra il nostro Paese e gli Usa o la Russia? Antonio Maria Rinaldi, economista vicino a Paolo Savona, ci illustra in quest’intervista come l’esecutivo affronterà la difficile partita economica in arrivo.
Si parla molto di poteri forti in azione contro l’Italia, cosa rischiamo?
Ritengo doverosa una premessa: non finirà come nel 2011.
Ovvero?
In pratica nel 2011 venne creata una situazione, figlia della crisi americana, che indusse il nostro Paese a imboccare il sentiero dell’austerità, di fatto trascurando l’economia reale. Sentiero, si badi, condiviso da molti italiani, visto che l’allora premier nel 2013 fondò un partito e riscosse un discreto successo alle elezioni. Questa volta però si punterà sulla crescita per far svoltare il Paese e credo la maggioranza netta degli italiani sia d’accordo, anche perché abbiamo ben in mente cosa significhi puntare sull’austerità…
Ma la paventata fuga dai titoli di stato?
Ritengo che Savona e il Governo abbiano fatto benissimo a mettere le mani avanti. Il cambio del paradigma austerità con crescita metterà il Paese al centro dell’Europa, ad esempio. Molti ci ricordano che l’Italia ha bisogno dell’Ue, ma io ribadisco che sia quasi più vero il contrario. Senza Italia, che non è la Grecia, è bene ricordarlo, per l’Europa sono dolori. Noi abbiamo deciso di puntare sulla crescita, ci seguiranno anche gli investitori, com’è successo al mezzo mondo che ha lasciato l’austerità, Usa in testa.
A molti italiani fa paura lo spread…
Premetto un concetto: chi associa lo spread ai mutui dispone di competenze a livello finanziario assai limitate e discutibili. Lo spread, a mio avviso, ci dimostra invece una scarsa coesione monetaria. In una Ue funzionante e coerente lo spread non dovrebbe esserci, invece la sua presenza ci ricorda poca unione ed economie diversificate e non in salute.
Draghi è vicino alla scadenza del suo mandato e il Qe agli sgoccioli: quali ripercussioni?
Draghi, nei limiti dello statuto Bce, ha agito benissimo. Ricordo però che il Qe è un paradosso. Ovvero i titoli vanno sul mercato in proporzione al Pil e quindi alla forza economica del Paese. Tradotto: il Qe ha indotto a comprare più titoli tedeschi che italiani, ad esempio, quindi ha funzionato relativamente con i paesi bisognosi e ha, in ossimoro, rafforzato ancor di più quelli forti. Soluzioni? La Bce deve diventare una vera banca centrale, altrimenti saremo sempre punto e a capo.
In questi giorni si è parlato di un aiuto che potrebbe arrivare, per piazzare i nostri Btp, dalla Russia piuttosto che dagli Usa…
Escludo subito la Russia. Ma basterebbe andare a vedere cosa disse Savona in Parlamento a luglio, ove veniva spiegato che Mosca non avrebbe avuto abbastanza forza finanziaria per aiutare un Paese come il nostro. Confermo invece l’indiscrezione sugli Usa. Qualcosa in campo c’è, siamo il primo partner strategico non anglosassone del colosso americano, non è roba da poco. Scudi anti-spread russi e molto altro sono le solite indiscrezioni “main”, interpretazioni non esatte, andate ad ascoltare con le vostre orecchie l’intervento di Savona, ufficiale, in Parlamento.
Tirando le somme, quale ricetta per rilanciare il Paese?
Rispondo con semplicità: investimenti pubblici e privati che portino crescita. Come? Con un sistema d’approccio anticiclico, dove prima vi era scritto austerità va messa la parola crescita. Questa operazione farà svoltare il paese e calmerà i mercati una volta andata in porto. Gli Usa, del resto, come sono usciti dalla crisi? Investendo!
(Marco Pugliese)