Venerdì il mercato italiano ha vissuto un’altra giornata di volatilità con il rendimento del decennale che a metà mattinata dava segnali pessimi. L’aumento dello spread a fine giornata è in parte rientrato, ma questo non cambia il dato che sta emergendo in questi giorni e cioè che il debito sovrano italiano, il suo rendimento, non è stabile e che si muove in modo del tutto anomalo come non dovrebbe accadere a un’economia solida dell’area euro. I bond sovrani italiani sono terreno di caccia per la “speculazione”. Il Governo italiano, nella persona del suo primo ministro, ha fatto uscire una nota scarna che non ha sortito particolari effetti.
Vorremmo da subito chiarire una cosa facendo un parallelo con quanto successo nel 2011. Chi parla di “mercato” che punisce l’Italia dice solo metà della verità e questo non aiuta a chiarire il quadro. Il problema dello spread italiano nel 2012 è rientrato nel giro di qualche settimana con il “whatever it takes” di Draghi. La speculazione non è stata fermata dal Governo Monti, ma dalla Banca centrale europea. A luglio del 2012, il mese del whatever it takes di Draghi, dopo quasi un anno di Governo Monti lo spread stava pericolosamente risalendo ai livelli dell’autunno del 2011. Motivi? L’economia stava collassando sotto i colpi dell’austerity e dello spread impazzito e il debito su Pil aggiornava nuovi massimi.
Gli investitori che colpivano il debito sovrano italiano non si sono ritirati spaventati dai provvedimenti del Governo Monti. Solo in Italia si poteva credere che l’austerity avrebbe risollevato l’economia; la realtà è che 18 mesi di cura Monti hanno fatto esplodere il debito su Pil, la disoccupazione e distrutto l’economia. La prova provata degli effetti negativi di quella politica economica è il disallineamento per la prima volta dall’entrata nell’euro dei saldi di finanza pubblica italiana e francese proprio mentre noi, in teoria, facevamo i compiti a casa. Senza crescita non c’è alcun taglio delle spese che possa tranquillizzare gli investitori. Questo è il buon senso che tutti sono in grado di capire. Se ho un mutuo sulla casa e perdo il posto di lavoro, la banca non si farà convincere dalla rinuncia alle vacanze. Crescita ed efficienza vanno a braccetto, ma non c’è taglio che possa sostituire la crescita. Non c’è risparmio, che pure serve, che possa sostituire la mancanza di stipendio.
Gli investitori che oggi colpiscono sull’Italia in realtà scommettono su una sola cosa. Scommettono che la banca centrale italiana, la Bce, non si faccia vedere e permetta l’allargamento dello spread. Il secondo in cui la Bce decide per il “whatever it takes” è il secondo in cui anche i più terribili investitori portano a casa i guadagni e scelgono la prossima scommessa. Questo dovrebbe essere chiaro a tutti.
L’Italia non potrà mai passare un momento di difficoltà senza la protezione della Bce. Un Paese con il debito su Pil oltre il 130%, una disoccupazione a due cifre e una crescita anemica in un quadro internazionale in peggioramento è oggettivamente fragile. Questo Paese sarebbe fragile con qualsiasi Governo perché nessun Governo ha la bacchetta magica; nemmeno il migliore dei governi possibili. Non fosse altro perché anche il migliore dei governi possibili riuscirà mai a controllare il quadro economico globale.
La domanda vera oggi è: quali sono le condizioni che l’Italia nella sua prossima manovra deve rispettare per assicurarsi l’appoggio della Bce ed evitare che lo spread impazzisca rompendo qualsiasi possibilità di ripresa? Esiste un compromesso tra Italia e istituzioni europee, in primis gli amici tedeschi, in cui l’Italia si ritaglia dei margini per delle politiche anticicliche? Oppure quali sono i tagli che l’Italia deve fare per azionare il “whatever it takes”?
Gli investitori che scommettono contro l’Italia non si faranno mai impressionare da alcun tecnocrate mangiapasta se questo tecnocrate non si presenta con l’amico muscoloso e con il bastone che si chiama Bce. Secondo voi c’è qualcuno a New York che recede da una speculazione potenzialmente estremamente lucrativa perché c’è un nuovo primo ministro? O perché un nuovo primo ministro annuncia dei tagli? Ma in quale mondo….
Non diciamo questo per criminalizzare l’Europa, perché è giusto condividere la politica economica essendo nell’euro. È giusto però a certe condizioni: che l’Europa tratti in buona fede e non con intenti di competizione interna come accaduto nel 2011/2012 verso un Paese che era stato il terzo contributore del salvataggio greco per far rientrare le banche tedesche e francesi. Vi ricordate i soldi dello scudo fiscale di Tremonti? Dovevano servire per la crescita italiana e sono finiti per il salvataggio greco. Le nostre banche non si erano fidate dei greci. Giustamente. Se l’Europa non ha la lungimiranza di capire che non serve punire l’Italia si fa una brutta fine. L’altra condizione è che il Governo italiano mostri la buona volontà di non giocarsi la flessibilità europea al tavolo dei bonus diciottenni o simili.
Poi rimane una questione di fondo che è questa. Diciamo pure che paesi come la Grecia si sono meritati e si meritano tutto quello che gli è accaduto e che è stata solo colpa loro. Adesso però cosa facciamo? Perché nemmeno con uno sforzo colossale di cambiamento si tireranno mai fuori dal vicolo cieco in cui si sono infilati senza una mano esterna. Davvero qualcuno pensa che Grecia e Germania possano fare parte della stessa unione monetaria con cinque volte la disoccupazione e il triplo del debito senza nessun meccanismo di redistribuzione o senza investimenti? Perché se è così allora sarebbe più serio farli uscire dall’euro.
La vera questione per lo spread è quindi a quale condizioni l’Italia ottiene la protezione della Bce. Quali sono le richieste dell’Europa e quali le offerte dell’Italia. Se non si trova un accordo allora la speculazione avrà le praterie. Dal nostro punto di vista ci interessa che sia il Governo italiano che l’Europa contrattino in buona fede. Il primo motivato a risolvere problemi che nessun altro può risolvere (la burocrazia è a costo zero) e la seconda con un po’ di lungimiranza e disposta ad accantonare le inevitabili pulsioni di competizione interna tra Stati europei.
La medicina per lo spread italiano oggi è la Bce e nessun altro anche con un governo De Gasperi. Come si prenda questa medicina è la vera questione. Speriamo che nessuno sia animato da volontà suicide e che si capisca che in tempo di dazi e guerre dietro l’angolo si deve cambiare marcia.