Non si arresta la crescita del debito mondiale. Secondo gli ultimi dati ripresi dall’Institute of International Finance, nel primo trimestre 2018 il debito è salito di 8 mila miliardi di dollari superando i 247 mila miliardi di dollari, ovvero il 318% del Pil mondiale. Si tratta di un valore 30 mila miliardi di dollari superiore a quello della fine del 2016. Per gli analisti, i livelli raggiunti dal debito sono tali da rendere sempre più grigie le prospettive future dell’economia. A questo proposito, lo scorso marzo Bill Gross aveva dichiarato che “il nostro sistema finanziario ad alto indebitamento è come un camion carico di nitroglicerina su una strada dissestata”. Una mossa sbagliata e tutta la faccenda potrebbe saltare in aria. Preoccupazioni condivise dal Financial Times, secondo cui “la politica monetaria globale è ora incastrata nella trappola del debito. Continuare sull’attuale percorso monetario è inefficace e pericoloso. Ma qualsiasi inversione comporta grandi rischi”. 



Nitroglicerina? Grandi rischi? Vogliamo esagerare mettendo dentro magari pure l’arcano? Sì, quell’arcano che si scorge nel combinato disposto tra redditi insufficienti a far spesa per smaltire quanto prodotto e politiche di reflazione. Quell’arcano che la Fed, così pure le altre Banche centrali, hanno creduto di poter contrastare con politiche monetarie lasche, generando una massiccia inflazione degli asset finanziari nel tentativo di contrastare una deflazione dei prezzi dei beni.



Giust’appunto deflazione che invece avrebbe potuto rifocillare quel potere d’acquisto, buono per fare tutta la spesa necessaria a smaltire la sovraccapacità delle imprese che impalla il mercato. Non è stato fatto. Mancherà il tempo per poterlo fare quando quelle Banche centrali non avranno più scuse per continuare a “regalare denaro” che, preso, diventa debito. Debito che costerà di più quando aumenterà il costo del denaro da restituire: brrrrrr!

Occhio! Quest’aumento già si scorge: ammonta a circa 104 miliardi di dollari la cifra complessiva che, nell’ultimo anno, gli americani hanno pagato tra commissioni e interessi sulle carte di credito. La cifra comunicata dal sito web di finanza MagnifyMoney, che ha analizzato i dati della Federal Deposit Insurance Corporation fino a marzo 2018, mostra un aumento dell’11% su base annua e del 35% negli ultimi cinque anni. Già, non esistono pasti gratis, per nessuno: dieci punti base in più di spread tra i rendimenti di Btp e Bund comportano un impatto negativo sul capitale di UniCredit di 137 milioni di euro pre-tasse e di 95 milioni post-tasse.