Le dimissioni del presidente della Consob, Mario Nava, hanno prodotto parecchio rumore, anche se pieno di dissonanze. E inframmezzato da qualche significativo silenzio: ad esempio quello del Sole 24 Ore. Il maggior quotidiano economico italiano, al di là di una cronaca notarile, non ha ancora articolato una sola parola di commento, anche solo sul passaggio che si prepara ora per l’autorità nazionale dei mercati finanziari. Diversamente, Corriere della Sera e Repubblica hanno colto l’ennesima occasione per censurare il governo giallo-verde, riproponendo uno schema collaudato: quello che vede la “politica” scacciare la “competenza” e “l’indipendenza” di un tecnocrate Ue chiamato “al servizio del Paese” eccetera. Ma il Fatto Quotidiano è stato durissimo proprio nel ricostruire l’approdo dell’alto dirigente di Bruxelles all’autorità di Borsa nazionale.



Da un lato la candidatura di Nava era parsa partorita “dalla cicogna”, ha ricordato polemicamente Marco Travaglio: e per la verità pochi osservatori si erano dati ragione completa di come un nome quasi sconosciuto fosse stato paracadutato ai vertici della Consob dal Governo Gentiloni praticamente a camere sciolte. Dall’altro lato l’incarico è stato formalizzato attraverso un percorso amministrativo tortuoso e opaco (per mantenere il regime di vantaggio fiscale di funzionario Ue, Nava sarebbe risultato infine “comandato” dall’Ue al vertice di un’authority nazionale istituzionalmente indipendente). Anche per questo, presumibilmente, la Presidenza della Repubblica – che aveva già fatto scudo al governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco contro il leader Pd Matteo Renzi e oggi segue occhiuta ogni mossa del governo Salvini-Di Maio – non ha battuto ciglio davanti alla rimozione di Nava. Che tuttavia resta un caso di cattivo funzionamento delle istituzioni democratiche e dovrebbe porre interrogativi meno limitati al “toto-successione”, comunque subito iniziato.



Il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, era candidato già nel 2010, quando il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, aveva alla fine spinto il suo vice Giuseppe Vegas. Allora Greco era procuratore aggiunto per i reati finanziari nella maggior piazza finanziaria italiana: reduce dai grandi processi di Tangentopoli fino a ruolo di regista della pubblica accusa dopo il crac Parmalat e l’estate bollente delle Opa AntonVeneta e Bnl. Pm proveniente dalle fila di Magistratura democratica, ha tuttavia sempre evitato ogni rigidità ideologica o giustizialistica nel pilotare le inchieste giudiziarie lungo un ventennio di trasformazioni epocali nella City milanese, fra boom e crisi.



Frequentatore di Cernobbio e dei seminari di Aspen, Greco sarebbe – entro certi limiti – una figura non di rottura anche sul versante europeo. E potrebbe risultare un candidato spendibile da M5S per raggiungere due obiettivi: realizzare un presidio qualificato presso la Consob e muovere lateralmente sulla scacchiera del Csm, sempre difficile sia per il riequilibrio interno alla magistratura, sia per l’assestamento dei rapporti con il nuovo Parlamento. Ma la Consob rimane un’authority essenzialmente milanese e Greco è il capo della procura milanese: difficile che il leader della Lega non voglia dire la sua, a maggior ragione in una fase di tensione crescente con alcune procure. È vero anche che la Lega, secondo molti rumor, avrebbe prenotato la successione di Giovanni Pitruzzella all’Antitrust: strategica ad esempio sulle grandi reti e sulle fusioni e acquisizioni dall’estero.

Agli antipodi è il profilo di Marcello Minenna, su cui si sono subito accesi altri riflettori. Minenna è tuttora un alto dirigente della Consob (dirige l’ufficio analisi quantitative), dopo essere salito alle cronache due anni fa come assessore al Bilancio e Patrimonio nella giunta Raggi del Comune di Roma. Inizialmente Minenna aveva ritenuto di poter continuare a svolgere entrambi gli incarichi: solo dopo articoli di stampa e interrogazioni parlamentari si è posto in aspettativa, peraltro fino alle rapide dimissioni dalla giunta capitolina. Pubblicista prolifico, è stato anche consulente tecnico della Procura di Trani nell’inchiesta sul crollo dei Btp sui mercati finanziari nell’estate 2011. Altro possibile candidato “in quota M5S”, sarebbe certamente un vigilante battagliero della finanza di mercato e dei grandi gruppi quotati.

A parte i quattro membri in carica della commissione (la vicaria sarà ora Anna Maria Genovese, una giurista considerata vicina al Pd renziano), altri nomi non mancheranno di essere messi sul tavolo. Se la veloce uscita di scena di Nava ha ribadito la scarsa popolarità corrente dell’identikit del tecnocrate, non può essere dimenticato che prima di lui – dal 1992 in poi – solo Tommaso Padoa Schioppa era giunto al vertice Consob con quel background. Enzo Berlanda (ricordato con “Tps” come miglior presidente della Consob) era un senatore di lungo corso. Anche Vegas era un parlamentare e un membro dell’esecutivo in carica. L’economista Francesco Spaventa – designato ai tempi dell’Opa Telecom – vantava un lungo cursus di deputato e ministro, con una parentesi alla presidenza di Mps. Il più longevo presidente – Lamberto Cardia, per 13 anni – veniva dalle fila della magistratura amministrativa. Nessun magistrato ordinario è mai stato presidente: l’unica candidatura reale (il giudice Carlo Sammarco) cadde assieme all’intera Prima Repubblica nei primi mesi del 1992.