Due notizie bomba, quasi completamente oscurate dai maggiori media, mostrano quanto sia drammatico e fragile il momento che stanno vivendo i mercati finanziari internazionali. Il colosso bancario Deutsche Bank è stato escluso dal listino Eurostoxx50, mentre l’altra grande banca tedesca, CommerzBank, è stata esclusa dal Dax30, l’indice azionario tedesco. Nell’indice Euro Stoxx 50 vi sono le società europee più capitalizzate, suddivise in nove settori, ma le banche sono sette, inclusa l’italiana Intesa Sanpaolo. Dall’inizio dell’anno le azioni di Deutsche Bank sono crollate del 38%. A determinarne il tracollo hanno concorso le preoccupazioni sullo stato di salute del colosso bancario tedesco, al centro di un vasto piano di ristrutturazione. La chiamano ristrutturazione, ma si tratta di un taglio di migliaia di posti di lavoro: 7 mila quelli annunciati a maggio, dopo i 9 mila tagliati in precedenza. E nonostante la ristrutturazione in corso, la banca è stata l’unica a non aver superato gli stress test americani dello scorso giugno. 



Le preoccupazioni riguardo una possibile crisi di liquidità della banca sono note: ha in pancia oltre 50mila miliardi di euro in derivati, una cifra mostruosa, pari a circa 20 volte il Pil della Germania. Questi derivati sono per il 90% derivati Otc (out the counter, cioè fuori mercato) di cui non è possibile conoscere il valore, perché non hanno un mercato di riferimento. E nel 2017 questi derivati hanno riportato perdite per 127 miliardi. In altre parole, la massa dei derivati della banca tedesca potrebbe diventare un buco nero che inghiotte l’intero sistema bancario europeo. Anche per questo qualche blogger italiano ha iniziato a chiamarla “il buco nero con la banca intorno”.



Anche per tutti questi motivi da diverso tempo si parla di una possibile nazionalizzazione (ma sarebbe contro le norme europee e poi sarebbe comunque un bruttissimo segnale) o di una fusione con l’altro colosso bancario CommerzBank. Il piccolo problema è che pure questa banca si trova in cattive acque. Infatti, dalla crisi del 2008 e con l’acquisizione della fallita Dresner Bank, la banca non si è più ripresa. Salvata per il rotto della cuffia da un grosso investimento di Stato (18 miliardi), che è diventato così il suo maggiore azionista, non si è più ripresa, diminuendo ogni anno gli utili e avviando anch’essa un piano di ristrutturazione (9.500 posti di lavoro tagliati).



I pesanti cali di borsa hanno recentemente provocato l’uscita dal Dax30, praticamente la retrocessione dalla serie A del mercato finanziario tedesco. Questo potrebbe anche favorire la fusione ipotizzata, ma pure questa operazione equivarrebbe a nascondere la polvere sotto il tappeto e non certo a risolvere i problemi strutturali. I problemi strutturali, che già diverse volte ho denunciato, sono quelli relativi a un sistema monetario che costantemente premia i più grossi e opprime i più deboli, perché la legge del profitto è l’unica regola dominante. 

In un mondo dominato dalle banche centrali, cioè dalla moneta debito, chi alla fine del giro rimane col debito si avvicina al fallimento: per evitarlo, l’unica soluzione oggi conosciuta e praticata è quella di prendere altro denaro a prestito, cioè ampliare il debito, e proseguire il gioco della finanza. E così, debito dopo debito, il debito complessivo diventa un mostro capace di inghiottire l’intero sistema bancario e finanziario, in spregio e violazione di qualsiasi regola e buon senso.

C’è solo da chiedersi, mentre accadeva tutto questo, dove stavano guardando i presunti guardiani della Bce. In questo compito, ormai è evidente, la Bce ha fallito completamente. Ha continuato per anni a stampare denaro e a voltarsi dall’altra parte, come se tutto andasse bene e tutto si potesse risolvere prima o poi. Ma prima o poi i nodi vengono al pettine.

Qualche articolo fa ho ipotizzato un fine anno difficile per i mercati finanziari. Le nubi all’orizzonte stanno diventando più scure. Si avvicina un uragano e nessuno fa niente.