Il nuovo governo sostituisce un alto funzionario dello Stato (Salvatore Nastasi) con un giovane imprenditore (Francesco Floro Flores) nel ruolo di commissario per la bonifica di Bagnoli. In piena bagarre da rinazionalizzazioni a tappe forzate, non è una notizia di poco conto.

A parte la saggezza — così rara in questa fase della nostra storia — dimostrata dal neo-presidente degli industriali di Napoli Vito Grassi (“che sia imprenditore non vuol dire più di tanto, quello che conta è conoscere la sua strategia”), la notizia ha suscitato molte polemiche ed altrettanti entusiastici consensi. Ovviamente a parti invertite rispetto a quanto accadde per il precedente commissario. Se la nomina di Nastasi aveva addirittura spinto de Magistris ad attaccare il governo Renzi in sede giudiziaria per incostituzionalità (perdendo), oggi il sindaco di Napoli si dimostra entusiasta, sia perché Floro Flores appare come un suo uomo fidato — avendogli il Comune affidato pochi mesi fa la gestione dell’Arena Flegrea, teatro all’aperto di 8mila posti nel cuore del parco pubblico proprio a pochi passi da Bagnoli —, sia perché lo considera un primo passo verso quell’alleanza strategica con il Movimento 5 Stelle, da lui fino ad ora inutilmente auspicata, in vista di Europee e Regionali. Contrari invece i movimenti nati sul territorio, che si aspettavano una nomina più coerente con le loro battaglie di questi anni, come sarebbe potuta essere quella del neo-senatore 5 Stelle Franco Ortolani, ambientalista e professore alla Federico II, che si era peraltro offerto a titolo gratuito.



Contrari, e con asprezza, De Luca e gli uomini del Pd. Invocano potenziali conflitti (“indagheremo”, si dice) per interessi che Floro Flores avrebbe in zona. Colpisce l’attacco alla competenza professionale dell’imprenditore, ritenuta inadeguata. Si dice che servirebbe invece un bravo amministrativista, un esperto di norme e procedure, insomma un burocrate. Dimenticando che il più grave insuccesso della sinistra in città deriva proprio dalla tenace volontà di non aprirsi — così come è stato fatto in tutto il mondo — al contributo dei privati. La chiusura definitiva dell’impianto siderurgico risale al 1992, mentre la promessa di rilancio turistico della zona da parte di Bassolino è del ’93, cioè sono trascorsi ormai 25 anni: ma nulla è stato fatto e una delle più belle aree del mondo langue in una desolazione che grida vendetta. La stessa “Città della Scienza” — l’unica realtà che è riuscita in questi anni a mettere radici nell’area — sembra in una crisi senza speranza.



In questi stessi anni altre città industriali e siderurgiche (Pittsburgh, Bilbao, Manchester e decine di altre) sono rinate e hanno trovato nuove identità e nuovo sviluppo grazie alle partnership pubblico-privato. A Napoli invece in questo quarto di secolo si sono succeduti alla guida del “progetto Bagnoli” sempre uomini di sinistra (Rocco Papa, un architetto; Riccardo Marone, un amministrativista; Tino Santangelo, un notaio; infine Nastasi, un dirigente dello Stato) e poco o nulla è servita la loro competenza e la loro dimestichezza con le leggi.

Certo è che tra ritardi gravi nella bonifica (ricordiamo che è in corso un processo con pesanti condanne in primo grado) e vincoli ambientali imposti da una filosofia urbanistica rigida ed ideologica cui si ispirava il piano redatto da Vezio De Lucia nel ’96, Bagnoli è ancora lì: una enorme fabbrica abbandonata avvolta da sterpaglie e da una vegetazione selvaggia.



Colpisce quello che dice oggi Vito Grassi nella già citata intervista a Repubblica nelle pagine di Napoli, in cui si augura che il nuovo commissario non ricominci ancora una volta da zero. “La mia principale preoccupazione è la mia età. Cominciamo tutti ad averne una rilevante, francamente auspico solo che si faccia presto”.