Resta caldo il fronte della Legge di bilancio. “Siamo il governo del cambiamento, se non possiamo cambiare le cose meglio andare a casa”, ha detto ieri Riccardo Fraccaro. Nel mentre, il leader del suo partito, Luigi Di Maio, ha cercato di mettere ancora pressione a Giovanni Tria, cui aveva già chiesto di impegnarsi per trovare le risorse utili a finanziare gli interventi promessi: “Non dobbiamo avere paura di sforare, a meno che il 2% non sia diventato un tabù”. Da parte sua, il ministro dell’Economia ha confermato l’esigenza di “mantenere l’equilibrio dei saldi strutturali di finanza pubblica”. Abbiamo chiesto un commento a Leonardo Becchetti, Professore di Economia Politica al’Università di Roma “Tor Vergata”. 



Professore, ora il dibattito sulla Legge di bilancio sembra essersi spostato sulla soglia del 2% nel rapporto deficit/Pil. Lei cosa ne pensa?

L’1,6% indicato da Tria è l’unico che consente – tenendo conto della situazione attuale di inflazione, costo medio del debito e crescita prevista – di far scendere il rapporto debito/Pil di almeno un punto percentuale. Cosa che permetterebbe di dare un buon segnale ai mercati e di tenere a bada lo spread.



E se ci si spingesse fino al 2% cosa accadrebbe?

Il debito/Pil potrebbe non scendere e quindi potrebbero derivarne tensioni sullo spread. Cosa che poi si rifletterebbe sulle famiglie, sulle imprese e anche sulle banche, che hanno in portafoglio molti titoli di stato. Tenere basso lo spread ha quindi un valore sociale, non si fa solamente per i mercati. 

Dunque sarebbe meglio rispettare l’1,6% nel rapporto deficit/Pil, ma non perché ce lo chieda l’Europa..

L’Europa non c’entra nulla, l’1,6% ha senso per noi: se si supera tale soglia c’è il rischio che il debito non scenda, lo spread può risalire e quindi ci possono essere conseguenze negative per tutti. Ci sono poi alcuni commentatori e analisti che ritengono ottimistica la previsione di crescita dell’1,2% del Pil per quest’anno diffusa ieri dall’Ocse. Se così fosse avremmo una situazione ancora più difficile nel rapporto debito/Pil.



Così diventerebbe però impossibile inserire nella manovra tutti gli interventi annunciati dalla maggioranza di governo.

Capisco che i politici hanno fatto promesse prima del voto, ma dovrebbero dire chiaramente ai propri elettori che queste promesse possono essere rispettate nell’arco di 5 anni, non certo in uno solo. Non è poi chiaro cosa si riuscirebbe a fare arrivando al 2% di deficit/Pil. Io poi ritengo da tempo che il Paese può progredire anche su altri fronti che non sono necessariamente costosi, per esempio ci sono fondi per investimenti che abbiamo ricevuto ma non riusciamo a spendere, oppure si può lavorare per ridurre i costi, le lungaggini, i tempi della burocrazia, della giustizia civile, che sono i fattori che spiegano la stagnazione della produttività italiana. 

Sembra tramontata del tutto l’ipotesi di un aumento dell’Iva solo per alcuni prodotti. Lei cosa ne pensa?

L’Iva in questo periodo è uno strumento importante con cui fare politiche economiche. Per esempio, il vicedirettore di Lega Ambiente ed io abbiamo presentato una proposta per chiedere di usare l’Iva per incentivare la sostenibilità ambientale, la transizione verso l’economia circolare. È importante però avere un chiaro progetto su cosa si intende promuovere. Detto questo, aumentare le tasse sui consumi può rallentare la domanda, ma anche generare inflazione. In questo senso potrebbe essere un vantaggio: se l’inflazione crescesse, potrebbe erodere un po’ il debito, anche se farebbe diminuire il potere d’acquisto dei cittadini.

Manca ormai una settimana alla presentazione della nota di aggiornamento del Def. Secondo lei, Tria riuscirà a tenere duro e a resistere alle pressioni che sta subendo in questi giorni?

È difficile da dire, ma già il fatto che la battaglia si giochi tra l’1,6% e il 2% è importante. Almeno lo scontro è stato circoscritto in un range più tranquillo. Io spero che il ministro ce la faccia, anche perché quando si dice che occorre trovare le risorse, il rischio è che si vadano a fare dei tagli da qualche altra parte, magari anche tra detrazioni e deduzioni fiscali.

(Lorenzo Torrisi)