Esistono patrimoni detenuti all’estero conosciuti al fisco italiano, perché soggiacciono a un monitoraggio fiscale rilevabile nel quadro “RW” dell’attuale dichiarazione dei redditi composto da conti correnti, immobili, azioni e obbligazioni per un valore di circa 220 miliardi, e altresì un valore ipotetico, ma non conosciuto, rappresentato da ingenti somme in contanti non quantificabili con certezza contenuti in cassette di sicurezza.
Ne consegue un’ipotetica base imponibile, per ora sfuggita al fisco italiano, che secondo alcune stime, tra cui citiamo anche quella della procura di Milano, si aggirerebbe, appunto, intorno a una cifra superiore ai 200 miliardi di euro. Tali importi, applicando un’aliquota del 20%, pari a quella della flat tax, permetterebbero un incasso per il fisco italiano di almeno 40 miliardi di euro. Tutto si collega alla pace fiscale, a quattro vie, prevista dalla Lega, la quale ha posto allo studio questa aggiuntiva voluntary disclosure, appunto sul contante nelle cassette di sicurezze detenute all’estero.
Nel dettaglio tecnico di attuazione vi è l’ipotesi di consentire il rientro di tali capitali allineando il versamento della cedolare alla percentuale prevista per la flat tax. Di fatto si rispetterebbe così il principio prima posto in essere con le due precedenti voluntary disclosure targate Partito democratico, le quali concedevano un netto sconto sia sulle sanzioni penali che amministrative a fronte del pagamento immediato delle imposte dovute per capitali sottratti a una tassazione diretta in Italia perché detenuti illegalmente oltre i confini. Tali operazioni precedenti hanno portato con la voluntary disclosure targate 2015/16/17 un gettito aggiuntivo complessivo per il fisco italiano di 5 miliardi.
Questa nuova operazione targata Lega, invece, permetterebbe di affrontare e quasi pareggiare i costi che il governo si troverebbe a sostenere per la flat tax pari a 50 miliardi. Questa nuova tassazione andrebbe a sostegno del welfare e quindi alla crescita delle imprese e delle nuove iniziative produttive. Di fatto, chi vorrà fiscalmente regolarizzare il contante detenuto all’estero, come quello nelle cassette di sicurezza, dovrà versare un’imposta forfettaria che si aggirerà intorno al 15-20%.
Fatto importante, e su cui bisogna porre grande attenzione, è che l’eccedenza fatta rientrare in Italia (data dalla differenza tra importi detenuti all’estero meno la tassazione subita), non resterà in nessun caso nella piena disponibilità del contribuente denunciante, ma sarà e dovrà essere obbligatoriamente investita nei Piani individuali di risparmio (Pir) di medio e lungo periodo. A oggi i Pir garantiscono uno sconto pieno di imposta sulle plusvalenze ove mantenuti in portafoglio per almeno 5 anni. Essendo previsti valori di rientro di rilevante importanza economica-monetaria, verrebbe cancellato l’attuale tetto massimo dei 30mila euro di investimento per anno e quindi a differenza degli attuali Pir è allo studio la reintroduzione della tassazione sui rendimenti. Tale nuovo gettito verrebbe così destinato a finanziare le famiglie in difficoltà, la nuova occupazione e uno dei cavalli di battaglia del M5s: il reddito di cittadinanza.
Di fatto questo ritorno alla tassazione sul rendimento, conseguente alla sottoscrizione sul Pir, trova la sua ragion d’essere nel fatto che con la voluntary esiste la conseguente non applicazione di sanzioni amministrative sommate anche a uno sconto penale. Giuridicamente resterà fuori da tale copertura la certezza provata che tali importi detenuti all’estero non siano collegati a corruzione, riciclaggio e autoriciclaggio.