Nel 2011 la crisi di fiducia sul debito italiano fu causata da motivi (geo)politici e non tecnici. Tre, in particolare, combinati.
Politico: il litigio nel governo di allora diede al mercato la sensazione che l’Italia, nonostante dati economici buoni, non sarebbe stata in grado di controllare l’indebitamento.
Situazionale: la Germania premette l’Ue (e la Bce) per l’applicazione di un rigore depressivo alla Grecia e ciò fece temere l’uscita dell’Italia dall’euro, alzando a livelli insostenibili il costo di rifinanziamento del debito. Gli effetti concatenati causarono la devastante recessione 2011-2014.
Geopolitico: l’America a conduzione Obama, invece di sostenere l’Italia come faceva da decenni, si unì al duo Merkel-Sarkozy ostile all’Italia nel richiedere al Quirinale la sostituzione del governo con uno “del presidente” più ordinato e rigorista. Obama temeva che la crisi italiana ne avrebbe creato una nuova globale con impatto talmente pesante sull’America, già scossa dal crollo del 2008, da compromettere la sua rielezione nel 2012. Merkel aveva lo stesso timore per le elezioni del 2013.
Il punto: se il governo italiano fosse stato coeso, prudente e chiaro nelle comunicazioni avrebbe potuto evitare la sfiducia esterna e il disastro. Oggi la Germania, a ridosso di elezioni europee, non ha interesse a pressare troppo l’Italia per evitare la destabilizzazione della regione che è un suo dominio. L’America a conduzione Trump potrebbe tentare di annullare il potere tedesco per evitare che diverga dall’atlantismo, facendo saltare l’euro attraverso un attacco finanziario alla vulnerabile Italia, ma è difficile montarlo e, soprattutto, nel crescente confronto con la Cina Washington ha bisogno di una convergenza europea e di un’Italia atlantica che la spinga entro l’Ue. Per questo ha dichiarato recentemente: “se l’Italia ha problemi, l’America aiuterà”.
Pertanto il rischio di nuova crisi del debito, percepito come crescente dal mercato, dipende principalmente dalla capacità o meno del governo di mostrarsi coeso, consistente e credibile. In numeri ciò significa che sarà sufficiente tenere il deficit 2019 entro il 2% del Pil, invece che all’1,3% richiesto dall’Ue, come Tria sta preparando, e mostrare più investimenti. In termini di prassi significa far finire il canaio di dichiarazioni contradditorie e stravaganti nonché dare al governo una voce unica che rassicuri il mercato e l’Ue sulla sua capacità di tenere in ordine l’Italia. Se andrà così, non ci sarà crisi. Altrimenti, ci sarà.