La notizia che Alitalia è intervenuta in soccorso delle autorità svizzere dopo la chiusura della compagnia aerea locale SkyWork Airlines (ed è appena collassato anche il vettore belga Fly Vlm), operante principalmente dall’aeroporto di Lugano, fatto che ha lasciato a terra ben 11mila passeggeri, oltre ai dipendenti dell’aerolinea, ha fatto sì che si tornasse a parlare della nostra ex compagnia di bandiera dopo soli pochi giorni di silenzio sulla telenovela ormai ventennale che la circonda. L’intervento di Alitalia si concretizzerà nell’aumento delle sue frequenze su Ginevra (che dista solo un’ora di macchina da Lugano) a un prezzo concorrenziale (165 franchi svizzeri).
Questa manovra si inserisce in quello che ormai, finalmente, è emerso, o si è ritrovato, nel Dna dell’aerolinea nazionale: la ricerca di rotte e il loro sviluppo. Tutto ciò mentre la tragedia di Genova ha messo in risalto l’incapacità italiana di gestire le proprie infrastrutture, fatto che proprio la vicenda Alitalia ha rivelato nel tragico 2009, quando venne privatizzata da un gruppo di industriali che Berlusconi definì con un’enfasi quasi comica “capitani coraggiosi”. Entrati in possesso di Alitalia senza capirci nulla del settore, attraverso un piano denominato “Fenice” riuscirono in una missione che pareva impossibile: far peggio di uno Stato che aveva governato AZ come un feudo politico più che una struttura utile allo sviluppo della nazione.
Ora si tratta di ricostruirla, di farla rinascere dopo il disastro di una conduzione operata da imprenditori più legati alla tetta dello Stato e ai suoi benefici (difatti ognuno di loro ebbe all’epoca sostanziosi guadagni in vari settori per far parte dell’operazione di salvataggio). Ma proprio la tragedia di Genova ha rallentato un’operazione che l’attuale conduzione governativa non ha ancora ben definito, anche se pare incentrata su una formula in grado di risollevare le sorti dell’aerolinea: due partner tecnici (Delta Airlines e Boeing) che dovrebbero aiutarla a potenziarsi sia sotto il profilo tecnico, con l’immissione di almeno 10 aerei di lungo raggio (si spera i nuovissimi Boeing 77X), sia a entrare nel mercato statunitense, e per quanto riguarda l’italianità una sorta di osmosi con Trenitalia, che con Finmeccanica e Cdp (Cassa depositi e prestiti) dovrebbe finalmente costituire un 51% in grado di “fare” sistema.
Sempre con la speranza che la politica, finalmente, dopo tanta distruzione, porti quella rinascita di cui un Paese come il nostro ha estremamente bisogno. Un’Alitalia al servizio di tutti gli abitanti di un Paese e che eviti in futuro mosse come quella assolutamente sbagliata di dedicare un volo, un aereo e addirittura una sala dell’aeroporto di Linate a un rapper e alla sua mediatica sposa, riproponendo quell’immagine di una compagnia al servizio di un’élite spocchiosa che oltretutto dista anni luce da quella cultura in grado di far ritornare il nostro Paese ai livelli che le sue enormi possibilità dovrebbero permettergli. Magari si faccia la stessa cosa, ma la si dedichi ai tanti cervelli che abbiamo e che meriterebbero di essere conosciuti per quello che sono: dei veri Vip. Di cui dovremmo andare orgogliosi.