Il primo a parlarne è stato il gestore Mark Holman, direttore di TwentyFour Asset Manager. “Se è comprensibile che tutti gli occhi siano puntati sull’Italia – ha scritto a metà settimana nel suo report citato da Reuters —, ora stiamo entrando nella stagione del bilancio comunitario e ci potrebbero essere altre nazioni i cui disavanzi fanno sembrare la situazione italiana un po’ meno negativa”. “Se così fosse — ha concluso — per i Btp resterebbero ulteriori margini di rialzo”.



Cambiano in fretta le opinioni dei mercati finanziari, oggi più di ieri. Una settimana fa gli operatori facevano le ore piccole per valutare l’impatto della pagella di Fitch sull’Italia, dopo una serie di sedute ad alta tensione in cui i Btp avevano registrato aumenti paragonabili a quelli di Brasile e Sudafrica. Ma proprio quando i giornali si accingevano a lanciare l’allarme rosso, il clima è cambiato. E così, nelle ultime cinque sedute, Piazza Affari è l’unico listino dell’Eurozona a chiudere in terreno positivo o in lieve calo, mentre Francoforte e Parigi allungano una striscia negativa che dura da cinque sedute.



La ragione? Senz’altro aiuta la nuova retorica della maggioranza. 5 Stelle e Lega, forti di grandi consensi ma ancora privi di accesso alla “stanza dei bottoni” (caso mai esista), sono stati finora molto abili a sfruttare i toni dell’opposizione, aiutati dalla debolezza di quest’ultima. Al momento di passare dalle parole ai fatti, però, si sta imponendo un atteggiamento più moderato, favorito per paradosso dalle contraddizioni all’interno della maggioranza. Si profila così una manovra assai meno ardita e dispendiosa di quanto temuto. Probabilmente senza dover pagare un grosso salasso sul fronte del consenso. Un po’ perché, come nel caso dell’affaire Ilva, i tanti annunci serviranno a disorientare i cittadini, già illusi dall’arrivo del reddito di cittadinanza o di tagli delle tasse che in realtà saranno simbolici o poco più. Così come l’eventuale taglio delle pensioni d’oro, un boomerang che può colpire una parte rilevante dell’elettorato leghista (e perciò non se ne parlerà per un bel po’).



Per ora non si parla più dell’uscita dall’euro. Molto perché in Europa, così come negli Usa, ben pochi governi possono vantare un consenso così forte nel Paese come l’esecutivo giallo-verde. Difficile, una volta tanto, prendersela con “l’instabilità” italiana: Emmanuel Macron, in drammatica perdita di pezzi del governo e di consenso nel Paese, è ad esempio messo senz’altro peggio. Anche per quanto riguarda i numeri: il deficit italiano, nel caso si decida, come promesso da Salvini, di stare a ridosso del 3%, sarà nel peggiore dei casi a ridosso di quello francese.

Insomma, come ha detto il presidente di Intesa, Gian Maria Gros-Pietro, “il rischio è stato più immaginario che reale”. “I mercati — ha aggiunto — reagiscono più alle aspettative che ai fatti, ma ora mi aspetto che il differenziale si riduca ancora”.

Si apre, quindi, una finestra positiva destinata a durare, probabilmente, fino ai prossimi verdetti di Standard& Poor’s e, soprattutto, di Moody’s. È possibile che, in occasione dei probabili abbassamenti del rating dell’Italia, lo spread tra Btp e Bund torni temporaneamente a salire, così come si allargherà probabilmente quando la Commissione europea, in novembre, esprimerà le sue perplessità sulla manovra, mettendo magari in luce il carattere una tantum di alcune entrate fiscali. Ma le tensioni di queste settimane potrebbero aver funzionato da vaccino.

Tutto bene? Ahimè no. Rientrate le turbolenze interne, presto si faranno sentire le difficoltà, non solo italiane, per la fine del Qe. E il rischio contagio in arrivo dai Paesi emergenti, che può pesare più di quel che non si immagini su un’economia manifatturiera come la nostra. In ogni caso, però, l’autunno potrebbe essere meno caldo. Ma il condizionale è d’obbligo: le previsioni a lungo termine, come abbiamo visto, possono cambiare nel giro di una settimana.