Come ha scritto alcuni anni fa Jovanotti, in un suo libro di successo, l’Italia è sempre di più il Paese del “grande boh”. Un esempio attuale molto calzante: l’inizio del nuovo anno ha portato in dote la fattura elettronica obbligatoria tra privati e verso i consumatori e da subito si è creato un bailamme di domande e di dubbi da parte i tutti, in particolare imprese e partite Iva. Quesiti e questioni come sempre irrisolte su importanti innovazioni fiscali, che cambiano la vita quotidiana di tanti lavoratori.



Partiamo dal fatto che è sacrosanto considerare che i cambiamenti incutono sempre un iniziale timore e che la fattura elettronica potrebbe essere un primo passo per un’evoluzione estremamente positiva del sistema fiscale e imprenditoriale italiano che oggi in Europa è precursore in questo campo. Purtroppo, però, il panico che ha invaso gli utenti, da metà dello scorso anno a oggi, appartiene a quello che il sistema tributario italiano ha sempre propinato all’inizio di ogni metodo d’azione volta a un migliore impianto anti-evasione. Infatti, le varie iniziative, per una corretta autodenuncia dei redditi, l’utilizzo dei famigerati ormai ex studi di settore per le aziende, il modello 730 precompilato e Red per le persone fisiche, ecc., sono spesso partiti da idee giuste; l’innesto di soluzioni ad hoc dei “volenterosi” funzionari del ministero del Tesoro, a volte pionieri nella creazione di nuovi marchingegni di controllo fiscale, i quali però nella loro attuazione, soprattutto all’inizio e per lungo tempo, hanno sempre rappresentato uno spauracchio per coloro che ne erano coinvolti.



In questo caso poi, per l’istituzione della fatturazione elettronica, e lo dice da definizione stessa, bisogna essere in possesso di un sistema telematico all’altezza e funzionante sin dalle prime battute, cosa che come al solito si è rivelata impossibile. Questo caos ha portato e porta il soprattutto agli operatori del settore, le associazioni dei commercialisti in primis, e quelle dei consumatori all’ennesimo “supplizio di Tantalo”. Per esempio, il Codacons è pronto a presentare, se non lo ha già fatto, un esposto per interruzione di servizio. Secondo l’associazione dei consumatori, infatti, l’introduzione dell’obbligo della fatturazione elettronica si è tradotta in un flop con tanto di disagi e disservizi.



L’estensione ai privati dell’obbligo della cosiddetta e-fattura era previsto da tempo dall’Agenzia delle Entrate, dopo che già dal 2015 è stato reso obbligatorio per tutti i fornitori della Pubblica amministrazione. Ma quali sono le più vibranti lamentele di questi soggetti? Come ha spiegato il Presidente dell’Associazione dei commercialisti, «ci risultano segnalazioni di utenti che, collegandosi al portale Fatture e corrispettivi dell’Agenzia delle Entrate, visualizzano il messaggio tipo “Il sistema non è al momento disponibile, ci scusiamo per l’inconveniente e si prega di riprovare più tardi”» e altre cose a volte incomprensibili. L’Agenzia replica a discolpa, fornendo i dati e i risultati del monitoraggio effettuato in questi primi giorni di gennaio: «Le nostre sonde informatiche che monitorano i flussi dei dati all’interno dei server non hanno rilevato alcuna particolare criticità, tanto meno ci risultano interruzioni del servizio». E poi, respingendo le accuse al mittente afferma: «Nessuna anomalia sul server Sogei». E assicura di effettuare «un attento monitoraggio effettuato sui sistemi».

Ha anche ricordato a scanso di possibili disallineamenti tecnologici che l’applicazione “FatturAE” è a disposizione sul proprio sito per compilare e inviare le fatture elettroniche. L’Agenzia ha poi fatto presente che il margine di errore riscontrato finora è basso, specie se paragonato a quanto accaduto in passato: nei primi tempi di applicazione della fattura elettronica, che esiste già dal 2015 nella contabilità della Pubblica amministrazione, i margini di errore hanno raggiunto il 30%.

Oltre a questo grave problema procedurale e d’utilizzo del programma in questione, codici mancanti, interruzioni, incompatibilità di sistemi e chi ne ha più ne metta, tale genere di fatturazione suscita, ancor oggi, dopo l’entrata in vigore ufficiale, molti dubbi che generano domande tra gli operatori e i cittadini. Ecco le più pressanti: cosa cambia per i cittadini senza partita Iva? È possibile inviare una fattura direttamente all’indirizzo di posta elettronica certificata fornito dal cliente? Chi è esonerato dall’emissione della fattura elettronica?

Cerchiamo di riassumere le risposte che sono raccolte all’interno di un’apposita sezione dell’area tematica sulla fatturazione elettronica del sito dell’Agenzia delle Entrate, sempre se funzionante… In prima istanza, è utile ricordare che tutti i titolari di partita Iva devono provvedere, per cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti, stabiliti o identificati nel territorio dello Stato italiano, all’emissione delle proprie fatture sul web e farle transitare dall’Agenzia delle Entrate. Sono invece esonerati i soggetti che rientrano nel regime di vantaggio, nel regime forfettario e i piccoli produttori agricoli. Si tratta dei contribuenti forfettari, delle farmacie e degli operatori sanitari, di alcuni agricoltori e delle associazioni sportive dilettantistiche.

I destinatari, compresi i consumatori, dovranno essere in grado di ricevere il documento in formato digitale, ovvero l’Xml che consentirà all’Ufficio tributario di verificare la correttezza della fattura, cioè di fatto, tale struttura di interscambio, consente il controllo delle transazioni all’Agenzia, verifica se la fattura contiene i dati obbligatori ai fini fiscali, la correttezza dell’indirizzo telematico al quale il cliente desidera che sia recapitata la fattura e che la partita Iva del fornitore e la partita Iva o il codice fiscale del cliente siano esistenti. Se i controlli sono positivi, il Sistema di interscambio consegna la fattura al destinatario comunicando, con una ricevuta di recapito, a chi ha trasmesso la fattura, la data e l’ora di consegna del documento.

Dunque, la fattura via e-mail va necessariamente redatta utilizzando un pc, un tablet o uno smartphone, che deve possedere anche il consumatore per ricevere la stessa. Con la fatturazione elettronica obbligatoria sono cambiate anche le modalità di pagamento delle relative imposte di bollo per tutti coloro che vi siano assoggettati: al termine di ogni trimestre sarà l’Agenzia delle Entrate a rendere noto l’ammontare dovuto.

Quanto descritto è ciò che attualmente c’è nel “piatto”: il nostro giudizio, per concludere, è quello che purtroppo esiste di fondo un “provincialismo” radicalizzato nel mondo fiscale italiano, una sorta di incrostazione irrimediabile. È vero che i contribuenti, come già scritto in precedenza tendono a fare gli “gnorri”, cioè fanno tutto per schivare il sacrosanto dovere di tutti di pagare le tasse, tuttavia i nostri governanti, di qualsiasi colore siano, devono smetterla di perpetrare, dal punto di vista fiscale, uno “stato di polizia” utile solo a far sì che il cittadino si senta sempre meno tutelato, anzi… Pensiamo che per far ciò, l’Erario deve far il passo secondo la gamba, cioè essere in grado di non mettersi a creare il caos e approfittando di ciò far passare sistemi e soluzioni inadeguate, sia dal punto di vista di un più che giusto prelievo fiscale che di un’equa e positiva sicurezza per il cittadino.

Come già scritto, in articoli precedenti, occorre porre fine all’appropriazione da parte della Pubblica amministrazione dello slogan “o così o pomì…”. La speranza è che all’orizzonte ci sia qualcosa di nuovo, di diverso, ma come sempre, visto il “coma farmacologico” in cui versa la nazione, non ci resta che rimanere sempre più scettici.