Un’inchiesta giornalistica svolta da giornalisti francesi ha portato alla luce una situazione grottesca: camion di merce nuova, anzi nuovissima, dai magazzini del colosso della vendita online Amazon prende la strada delle discariche. Prodotti nuovi e perfettamente funzionanti non vengono messi in funzione nemmeno un minuto, non vengono venduti o regalati e vengono semplicemente distrutti. Si tratta di uno dei tanti effetti perversi del turbocapitalismo finanziarizzato, quello che ha come unico orizzonte e determinante il profitto (a breve termine) e non il bene comune o il lavoro.



La storia in breve è questa: affascinanti dalle vendite online e da possibili moltiplicazione delle vendite, molti piccoli negozi si affidano ad Amazon per proporre i propri prodotti. Ma i clienti come numero totale non aumenta, è sempre quello e non ci può essere spazio per tutti i venditori, se questi continuano a moltiplicarsi. Amazon però ai venditori/negozianti richiede di spedire le merci presso i propri magazzini, in modo da gestire completamente e velocizzare il processo di spedizione. Ma le merci invendute occupano per molto tempo spazio in questi magazzini, per cui Amazon richiede il pagamento di una quota per lo spazio occupato in magazzino. Queste quote per i prodotti che rimangono invenduti diventano nel tempo altissime e insostenibili; i venditori hanno una via d’uscita a questa situazione paradossale: o pagare per riavere l’invenduto oppure pagare (di meno) perché Amazon si occupi dell’avvio alla discarica. E ovviamente, per pure ragioni di costo, molti scelgono la seconda opzione.



Questa cosa deve far riflettere perché l’ideologia liberista, quella che esalta la funzione del libero mercato, ha ovviamente in odio ogni intervento di Stato. Soprattutto disprezza le teorie keynesiane, anche quando queste hanno come obiettivo la piena occupazione. In particolare hanno parole di scherno nei confronti del famoso detto di Keynes per il quale, pur di dare un lavoro a tutti, lo Stato dovrebbe pagare i disoccupati per scavare buche nella sabbia. Il senso ovviamente è quello di affermare che ogni soldo speso dallo Stato per dare un reddito ai cittadini è ben speso per l’economia reale, poiché comunque quei soldi diverranno spesa e quindi Pil. Pur nei limiti della situazione estrema, è sempre una proposta migliore del puro reddito di cittadinanza , poiché questo viene dato senza contropartita, mentre con la proposta di Keynes questo viene dato in cambio di un lavoro. E soprattutto in Italia si potrebbe pagare la gente per tappare le buche, invece di scavarle!



Comunque questa situazione francese può aiutare a comprendere anche la protesta dei gilet gialli, giunta ormai alla decima settimana di manifestazioni, una cosa davvero straordinaria. Sicuramente è una protesta nata da un evento del tutto marginale (un aumento dei carburanti, alla fine anche modesto), ma altrettanto sicuramente quella è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ormai i francesi non ne possono più.

Quello che mi sembra significativo di quella situazione, quello che anche i nostri media non raccontano, è il particolare sentimento che in questo momento è ben vivo nell’animo dei francesi. Questo sentimento di sconfitta di fronte al proprio Governo, sentito come nemico del popolo, è diventato oggi un sentimento intollerabile: è questo il motivo per cui scendono indomabilmente in piazza. Ma questo sentimento di un “Governo nemico del popolo” ha un punto di nascita ben preciso, datato 2005.

In quell’anno si tennero in Europa ben due referendum, in Olanda e proprio in Francia. In entrambi i paesi venne chiesto ai cittadini di approvare la Costituzione europea. Quelli dovevano essere i primi due referendum di una serie da svolgere in tutti i paesi europei. Ma i cittadini risposero di no. E visti i sondaggi, anche in diversi altri paesi era alta la probabilità della vittoria del no. Il progetto europeo sembra quindi naufragare prima di nascere. Il seguito della storia è noto. Non vennero fatti più referendum in Europa e venne predisposto il cosiddetto Trattato di Lisbona, firmato dai capi di Stato senza alcun confronto parlamentare e senza alcun altro referendum. Insomma, la volontà dei cittadini venne disattesa, implicitamente in tutta Europa, ma esplicitamente in Olanda e in Francia. Questo ha generato una frattura insanabile tra Governo e cittadini, che si sono sentiti traditi.

Questa ferita poteva essere sanata da successo del progetto europeo e dal benessere conseguente. Ma così non è stato (e non poteva essere, viste le premesse) e quindi lo scoppio della crisi ha reso evidente il fallimento del progetto europeo e il fatto che i costi di questo fallimento li avrebbe pagati proprio quella popolazione che questo progetto non voleva. Questi quattordici anni non sono passati invano per il popolo francese: sono serviti a renderli coscienti che, come vado ripetendo in questo quotidiano da quasi nove anni, siamo in guerra. E lo siamo letteralmente, una guerra non da me interpretata come guerra, ma una guerra dichiarata, con tanto di dichiarazione ufficiale dello speculatore Warren Buffett in un’intervista del 2006: “Siamo in guerra, è una guerra di classe e l’abbiano iniziata noi [i ricchi] e la stiamo vincendo”. Da allora mi sto dedicando a far capire in ogni occasione che siamo in guerra, perché non so se potremo vincere questa guerra, ma di sicuro non potremo mai vincerla se nemmeno sappiamo di essere in guerra!

I francesi per ora sembrano più avanti, sembrano aver capito, purtroppo sulla loro pelle, che siamo in guerra e il nemico è già in casa. Questo è il motivo profondo per cui siamo ormai alla decima settimana di protesta e non c’è alcun segnale che lasci pensare a una prossima fine; il Governo ha provato a fare alcune concessioni, ma la protesta continua. Qui non è in gioco semplicemente della fastidiosa arroganza di Macron, per cui hanno chiesto le dimissioni: ormai i francesi hanno capito che il Governo è contro di loro, ma sono “solo” dei traditori; il vero nemico è l’Europa. L’ho sentito con le mie orecchie da un francese che parlava italiano intervistato dal Tg1 e trasmesso al telegiornale delle 20: “Nessuno lo dice, ma tutti noi [gilet gialli] sappiamo che il vero nemico è l’Europa”.

E che sia una vera guerra lo dimostrano i morti (12 finora) e i feriti (centinaia) e i video di pestaggi su inermi effettuati dalle forze dell’ordine. Non sta andando bene e temo non finirà bene, anche perché siamo c’è appena stata la firma di un nuovo trattato tra Francia e Germania tramite il quale vi sarà una vera fusione tra i due stati, un trattato che stabilisce canali privilegiati di comunicazione anche diplomatica, di riunioni a due prima di tutti gli incontri internazionali per decidere una linea comune, di maggiore cooperazione militare per migliorare l’efficienza dei loro interventi all’estero (all’estero di Francia e Germania? Anche in Europa?). Per capire quanto sia devastante questo trattato, al punto 8 si afferma che “l’ammissione della Repubblica federale di Germania come membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite è una priorità della diplomazia franco-tedesca”. Quindi un Paese vincitore della Guerra di fatto farà entrare il maggiore Paese perdente nel consiglio di sicurezza dell’Onu, in totale contrasto con gli Usa. Ma questo trattato è una vera bomba anche per l’Unione europea, che vedrà la nascita (da un punto di vista diplomatico) di un vero e proprio super-Stato al suo interno. E gli altri paesi? Sono d’accordo? Qualcuno li ha consultati? Perché tutti hanno firmato per un’Unione nella quale c’era la Francia e la Germania, non il super-Stato FranciaGermania.

Con la firma di questo trattato Macron si mette in una posizione di forza per reprimere duramente queste proteste. Però di fronte non ha un popolo qualsiasi; il popolo francese è quello famoso per la sua rivoluzione, che ha scosso tutta l’Europa. Ma è anche il popolo che ha passato tutta la guerra in una resistenza feroce contro il nemico invasore: e putacaso questo nemico era la Germania.

Da una parte c’è un popolo che ha capito di essere in guerra. Dall’altra ci sono interessi geopolitici enormi. L’orizzonte è davvero fosco. Anche perché in Italia nessuno sembra aver capito che siamo in guerra e che prima o poi finiremo nella condizione francese. Del resto, se i governi non rispettano i popoli, perché mai i popoli dovrebbero rispettare i governi?