Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato il decretone, che contiene le due misure cardine del governo giallo-verde, cioè reddito di cittadinanza e quota 100, e che ora potrà iniziare il suo iter in Parlamento. Intanto da Mario Draghi – “L’ambiente esterno è meno vivace del passato e l’Italia cresce meno di prima e significativamente meno delle attese” ha detto ieri davanti al Parlamento europeo – e dalla Germania – fiducia sull’export in brusco calo, e non solo per l’automotive – sono arrivati messaggi e segnali non certo incoraggianti. Basteranno Rdc e quota 100 a fronteggiare una congiuntura gravida di incognite? “Io ho sempre sostenuto a gran voce – risponde Antonio Maria Rinaldi, professore di Finanza aziendale all’Università “Gabriele D’Annunzio” di Pescara ed economista vicino a Savona – che per poter rilanciare l’economia fosse necessario un forte shock, tanto che sarei stato d’accordo a fare un deficit addirittura superiore al 5%, destinandolo a investimenti pubblici produttivi a sostegno delle imprese. E’ chiaro che non si possono fare le nozze con i fichi secchi e questo governo, considerando i vincoli imposti da Bruxelles, sta facendo miracoli. Certo, si può fare di più, ma la coperta è stata particolarmente accorciata”. E ora che cosa dobbiamo aspettarci? “Dobbiamo augurarci che dopo le elezioni europee la stessa Commissione Ue, in caso di crisi generalizzata nei Paesi europei, metta in moratoria i parametri di Maastricht, autorizzando un 2-3% in più di deficit per gli investimenti pubblici senza che ciò comporti alcuna violazione”.
Il presidente Mattarella ieri ha firmato il decretone che contiene i testi dei due provvedimenti cardine del governo: reddito di cittadinanza e quota 100. Sono così fugati tutti i dubbi che hanno alimentato l’attesa di queste misure negli ultimi mesi? E quali effetti positivi potranno produrre sull’economia italiana?
I due provvedimenti cardine, che sono alla base del Contratto tra Lega e M5s, rappresentano indubbiamente una vittoria del governo giallo-verde. E’ ovvio che dal punto di vista tecnico ci saranno dei problemi, ma era necessario comunque, in ogni caso, iniziare, pur con i vincoli di bilancio che conosciamo bene, alla luce della negoziazione intervenuta con la Commissione Ue. Sono provvedimenti perfettibili, da tarare nel tempo, ma si va nella direzione giusta.
Perché?
Li vedo come una forma di risarcimento nei confronti di molte fasce sociali italiane che sono rimaste molto indietro a causa di questa lunga crisi. In pratica, da un lato, si dà un’opzione, su base volontaria, a molte persone di anticipare la pensione rispetto alle scadenze fissate dalla legge Fornero e, dall’altro, con il Rdc si interviene a favore di chi ha subìto gli effetti più pesanti della recessione.
Ora che il velo sulle due misure è stato alzato, c’è un aspetto che giudica particolarmente positivo?
Trovo molto positiva la possibilità concessa alle aziende che ne faranno richiesta di poter assumere, a tempo indeterminato per almeno due anni, cittadini in regime di Rdc, usufruendo di vantaggi fiscali proporzionati ai mesi non goduti del beneficio. E’ un ottimo incentivo e sfata quell’obiezione, fatta propria dalle opposizioni, che aveva dipinto il Rdc come una misura che consentiva ai potenziali fruitori la possibilità di starsene comodamente seduti sul divano percependo un reddito. Questa forma, molto intelligente, di coinvolgere le aziende è una carta molto importante per il successo del reddito di cittadinanza.
Carlo Messina, a.d. di Banca Intesa, a proposito del Rdc ha dichiarato: “intanto eroghiamo i soldi, poi penseremo a come migliorarlo”. Secondo lei, in quali punti è perfettibile il Rdc?
Sono del tutto d’accordo con Messina, perché dobbiamo finire di parlarci addosso. E’ vero che tutto è perfettibile, ma finché non si inizia, non si riuscirà mai a perfezionarlo. Intanto è giusto sottolineare che, per esempio, aver imposto che la somma erogata venisse spesa nell’arco del mese e non accumulata è un aspetto positivo: sono risorse che vanno spese per incentivare i consumi interni. E sappiamo bene come uno dei grossi problemi dell’economia italiana sia proprio far ripartire la domanda interna. Poi, è chiaro che ci saranno problemi tecnici, perché il Rdc coinvolge diversi milioni di persone, ma penso che gli italiani saranno disponibili a tollerare alcune defaillances tecniche. Lo stesso discorso vale anche per quota 100. Cerchiamo, però, di vedere il bicchiere mezzo pieno e non solo quello mezzo vuoto.
“L’ambiente esterno è meno vivace del passato e l’Italia cresce meno di prima e significativamente meno delle attese”. Sono parole di Mario Draghi davanti al Parlamento europeo. Non c’è il rischio che l’Italia torni a una crescita zerovirgola?
Intanto Draghi ha ricordato che non c’è pericolo di recessione in Italia. Non so se i dati del 2019 saranno con una crescita zero o zerovirgola, ma di una cosa sono certo: se sono attendibili queste proiezioni, a maggior ragione bisogna intervenire a supporto dell’economia e delle fasce più deboli, per evitare gli errori madornali compiuti nella precedente crisi, iniziata nel 2008 e culminata con l’arrivo al governo di Mario Monti. Guai a chiudersi in politiche di austerity.
Dalla Germania arriva l’allarme sulla fiducia nell’export tedesco. Secondo l’Ifo, in difficoltà non sarebbe solo il settore dell’auto, ma anche i comparti della chimica e della meccanica…
Questo è uno scenario più preoccupante. Se i primi segnali di rallentamento riguardavano essenzialmente l’automotive ed erano legati a processi di riconversione verso modelli più ecologici, il fatto che la frenata possa coinvolgere anche chimica e meccanica, settori assai fiorenti in Germania, aggrava la situazione futura. Però, come già detto, bisogna puntare non solo sull’export, dove siamo comunque ancora ben posizionati avendo un surplus di 50 miliardi, ma occorre rilanciare il mercato interno dei consumi, ambito finora non curato a sufficienza e utile a compensare eventuali cali di surplus della bilancia commerciale.
Se le difficoltà congiunturali dovessero continuare e aggravarsi, indebolendo la crescita del Pil, non si corre il rischio di dover mettere mano a una manovra correttiva?
Io sono per una soluzione diversa. Visto che a maggio ci saranno le elezioni europee ed è quanto mai presumibile che ci sarà una riconfigurazione profonda delle forze politiche che fino a oggi hanno governato l’Unione europea, mi auguro che, per non ricadere negli errori di austerity del passato – perché di errori si tratta come ha ammesso recentemente lo stesso Juncker -, i famosi parametri di Maastricht vengano almeno messi in moratoria. Se tutti i Paesi dell’area euro dovessero trovarsi in situazioni di crisi o di bassa crescita, sarebbe opportuno che la stessa Commissione Ue autorizzi di poter tranquillamente utilizzare un 2-3% di deficit in più, senza sforare nessun tetto, per rilanciare l’economia. E’ l’unica strada. Se invece si vorranno perseguire ancora le misure di austerity, l’Europa si condannerà al suicidio.
Sono tutti d’accordo sul fatto che per rilanciare l’economia gli investimenti pubblici sono imprescindibili. Ma non le pare che questo governo li abbia dimenticati e che si stiano perdendo opportunità e tempo prezioso?
No, perché questo governo ha fatto enormi passi avanti per sbloccare gli assurdi vincoli del Patto di stabilità interno, il che dovrebbe liberare diversi miliardi utilizzabili da Comuni e Regioni, e poi si è impegnato per una radicale revisione del Codice degli appalti, così da favorire e accelerare la cantierabilità di molte opere, che pur avendo già i fondi destinati non possono essere rese esecutive per problemi burocratici. Anche sugli investimenti resto abbastanza ottimista.
(Marco Biscella)