Per le Borse il 2019 non è iniziato benissimo e continuano a esserci timori sull’andamento della congiuntura economica. Come sarà per l’Italia l’anno che è appena iniziato? «Le difficoltà principali a mio parere sono legate al contesto internazionale, perché il clima di forte rallentamento di alcune economie a cui siamo legati esiste», ci dice Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, che aggiunge: «Se il 2018 è stato per l’Italia un anno di grandi cambiamenti, il 2019 lo vedo come un anno di grande opportunità».



Perché?

Perché assisteremo a un rimescolamento generale del quadro geopolitico internazionale ed europeo in particolare, visto che a maggio si terranno le elezioni. Se il Parlamento europeo diventasse un luogo vero di confronto, di dibattito, all’interno dell’Europa, questo potrebbe portare dei benefici in tutti i sensi. L’onda di una globalizzazione malintesa, che ha travolto anche l’Italia, non può essere governata da un solo Paese. Ci sono spazi affinché l’Europa possa assorbire meglio molteplici problemi che sono sul tappeto, dalla crisi che incombe, al grande fenomeno del movimento delle persone al suo interno, che arrivano anche dall’esterno.



Quello che lei vede come un momento importante per un’opportunità positiva, il voto di maggio, da molti analisti viene invece visto come un rischio per via dell’avanzata dei cosiddetti partiti sovranisti…

Se gli interessi nazionali esistono ma sono complementari, come i pezzi di un mosaico, problemi non ce ne sono. L’approccio economico della Germania diventa in questo senso importante, affinché possa esserci una complementarietà di interessi equilibrata e benefica. L’Italia ha bisogno di riprendere quota dopo dieci anni di crisi che ormai cominciano a trasformare in modo definitivo interi pezzi del Paese. C’è uno spazio per cambiare, è un’opportunità e ce la si può giocare bene.



In questo senso cosa può fare il nostro Paese?

Innanzitutto, per l’Italia il Parlamento europeo non può più essere, com’è stato finora in larga misura, una sorta di esilio dorato per i politici esclusi delle liste elettorali nazionali. Anche perché nel frattempo i paesi del Nord continuano ad avere un rapporto strettissimo con le istituzioni europee. Non si può poi proseguire a livello italiano ed europeo senza visioni complessive del vivere insieme. Non si può fare a meno di mettere insieme chi ha beneficiato in modo rilevantissimo dalle regole e dall’integrazione europee con i paesi che invece sono stati penalizzati o hanno avuto un rimbalzo negativo, come per esempio la Gran Bretagna.

Perché cita la Gran Bretagna?

Si dimentica che la macchina economica britannica, oltre che essere centrata in modo eccessivo sulla City di Londra, dal 2010 è stata travolta dalle manovre di cosiddetto risanamento di bilancio. Dico “cosiddetto” perché ha comportato tagli micidiali al tenore di vita di quei cittadini che, per fare un esempio, anziché fare i trader in una banca londinese ogni giorno si imbarcano per pescare. Resta il fatto che l’austerity l’Inghilterra se l’è voluta da sola, noi invece l’abbiamo accettata dietro l’etichetta delle “regole”.

Ammetterà che molto dipenderà anche da come si comporterà la Germania, che resta il Paese leader dell’Europa…

La Germania, Paese economicamente egemone in Europa, si muove culturalmente su un binario che sul piano teorico e anche pratico cerca di conciliare aspetti che in realtà spesso sono difficili da conciliare. Quel che viene rimbalzato verso l’esterno è una visione un po’ troppo semplicistica del funzionamento di grandi paesi come l’Italia. Faccio un esempio concreto.

Prego.

La crescita esponenziale tedesca viene sempre attribuita alla grande riforma del mercato del lavoro di Schroeder. Questo non è però del tutto esatto. Ciò che è avvenuto in realtà è che la Germania è stata la grande beneficiaria della globalizzazione sul mercato asiatico. Importando un modello del mercato del lavoro del genere in Italia, dove il quadro degli scambi internazionali è completamente diverso, cosa abbiamo ottenuto? Un mercato che ormai è diventato a macchia di leopardo, dove la stabilità dei rapporti di lavoro anziché un valore è diventato un disvalore. Dopo che è stato detto che una riforma del genere avrebbe ridato impulso al Paese, non posso che prendere atto che non ha funzionato. Non a caso non se ne parla più. Si comincia quindi a parlare con più insistenza di un’altra riforma necessaria.

A che cosa si riferisce?

Se quest’anno non dovesse rivelarsi un’opportunità colta positivamente, visto che non c’è più niente da chiedere sul lavoro si comincerà a battere il tasto delle pensioni. Qualcosa è già stato fatto, come si vede per le indicizzazioni. Di fatto si vuole una riforma delle pensioni, ovvero un taglio delle pensioni, sul modello della Grecia. Ma dov’è la Grecia dopo questa riforma? Non dà ancora segni di respirare autonomamente.

Lei è comunque ottimista per questo 2019?

Credo che ci sia la “congiunzione astrale” che può essere un’occasione di grande opportunità. L’importante è che al Parlamento europeo ci sia una rappresentanza italiana di alto livello intellettuale, politico, capace di dialogare. Il Parlamento è il luogo dove si scontrano e incontrano visioni dell’economia e della società. Abbiamo persone di spessore che portino queste visioni? Bisognerebbe poi che i nostri parlamentari fossero tra i più presenti. Già così a poco a poco guadagneremmo almeno un ruolo intellettuale. Non bisogna pensare che sia poco, perché dietro poi seguono le azioni concrete. Ad esempio, scegliere tra il diluvio di regole in cui viviamo quelle che convengono di più.

(Lorenzo Torrisi)