Bio o vegano? Islamico. I cibi “Halal”, quelli permessi da Maometto, fanno più business. Non è un caso se anche la Nutella di Ferrero è riuscita a ottenere questo marchio, come anche Kinder Bueno e gli ovetti di cioccolata. Quello dei cibi islamici è un settore che fa gola a molte aziende: vale quattro volte il mercato del lusso. La crescita dell’Islam nel mondo e lo sviluppo delle economie di questi Paesi fanno il resto. Cedomir Nestorovic, esperto di finanza islamica e professore all’università Essec, business school francese, parla di un «mercato globale di cibi Halal valutato 1,3 miliardi di dollari nel 2018». Se si considerano però anche cosmetici, farmaci e turismo si arriva a 2,3 miliardi. Tra cinque anni si arriverà a 3 miliardi, con una crescita annuale del 6-8 per cento. E allora non sorprende il fatto che multinazionali come Danone e Nestlè, oltre a catene di distribuzione come Carrefour, siano già sui mercati arabi con prodotti certificati, cioè Islam-compatibili.
NUTELLA SI È “CONVERTITA” ALL’ISLAM, BOOM DI CERTIFICAZIONI “HALAL”
Si è scatenata una caccia alle certificazioni perché solo così si entra nei mercati islamici. Il marchio “Halal” garantisce che non ci siano sostanze proibite, come la carne di maiale che è assolutamente proibita tra i seguaci di Maometto. Per cavalcare il business ci sono Paesi che da tempo hanno colto la palla al balzo. Il Brasile è diventato il primo esportatore di carne “certificata islamica” nel mondo, la Danimarca invece è in testa per l’export di formaggi. Ci sono anche pacchetti turistici studiati ad hoc per gli islamici, a cui vengono proposte vacanze che non violano i precetti del Corano. E come riportato da Tgcom24, ci sono perfino compagnie aeree che sono considerate più “Islam friendly” rispetto ad altre. Visto che il business è in forte espansione in Paesi come Turchia, Indonesia, Bangladesh, Algeria, Arabia, Emirati, è normale che le preferenze alimentari di questi Paesi siano sotto osservazione. E così è partita la caccia alle certificazioni “Halal”.