Il Fmi ha ribassato le stime di crescita per l’Italia, con incremento atteso del Pil allo 0,6% nel 2019. La Commissione europea ha fatto ancor peggio, ci condanna allo 0,2%. Il Misery Index elaborato da Confcommercio a dicembre si è attestato su un valore stimato di 17,3 punti, con una diminuzione di sette decimi di punto rispetto a novembre. Giust’appunto, porca miseria!
Già, in sei anni il reddito degli italiani per abitante crolla del 13% rispetto alla media europea. Indipercuiposcia il 14,6% delle famiglie italiane arriva «con molta difficoltà alla fine del mese», il 28,4% non riesce a far fronte a una spesa imprevista di circa 600 euro, il 66,1% dichiara di non riuscire a mettere da parte risparmi. Da qui segnali di «disagio» e «deprivazione»: il 6,2% ritiene di non potersi permettere un’alimentazione adeguata, il 10,4% un sufficiente riscaldamento per l’abitazione e il 38,7% una settimana di vacanza all’anno. Inoltre, il 61,1% delle famiglie “mutuate” considera pesante il relativo carico finanziario, la metà degli affittuari giudica onerose le spese per l’affitto.
Puah! I soliti italiani scansafatiche, lagnosi, perdigiorno e già che ci siamo pure mammoni. Incapaci di sacrificio. Ah…, gli americani! Per loro le cose stanno pressappoco così: le azioni di consumo generano oltre i due terzi del Pil; da noi solo il 56%. Dobbiamo correre, non lagnarci. Si dirà: ci vogliono redditi adeguati. Vero. In parte.
Noi abbiamo ancora consistenti flussi di Reddito da Capitale che possono essere impiegati per consumare. Negli Usa sono indebitati fino al collo. Noi siamo solo all’inizio. Che figura ci facciamo? Dimenticavo: il passivo della loro bilancia commerciale non ha eguali, anzi si, è uguale all’attivo del resto del mondo.
Insomma, senza se, senza ma non abbiamo scampo; dobbiamo rimboccarci le maniche e pedalare. Per rilanciare l’economia italiana sono necessari «interventi energici» su consumi e investimenti dice il neo Presidente dell’Istat, Giancarlo Blangiardo. Spero non si dispiaccia se quegli energici interventi avessero l’intento di aumentare la domanda per il nostro tornaconto.
I nostri bilanci non sono floridi? Lo sono quelli dei nostri “dirimpettai”: acquistino loro! Sì, quelli dell’intrattenimento hanno bisogno dell’attenzione, così come i pubblicitari e quelli dell’informazione, per far funzionare il loro business: noi ne disponiamo. L’attenzione fatta merce possiamo metterla sul mercato. Stessa cosa per il tempo, quello necessario all’acquisto. Noi ne siamo pieni. Produttori e venditori lo agognano e si sa… il tempo è denaro.
La fiducia dei consumatori, quella attentamente misurata da agenzie internazionali, ha un inestimabile valore: fa arrampicare i titoli in borsa, conforta di ottimismo i produttori, fa scintillare le vetrine dei venditori. Noi, seppur affranti e afflitti, abbiamo “fiducie” nuove di zecca da esporre in bella posta e vendere.
Et voilà 5 piccioni con una fava. Aumentare i consumi con l’aumento del volume della domanda; rimpinguare le nostre finanze con ricostituente di reddito; rifocillare il risparmio che, investito, può sollecitare gli investimenti produttivi; chicca delle chicche la nostra offerta di prodotto può avere il vantaggio della responsabilità, facendosi all’uopo immateriale ed ecocompatibile.