La Tav e l’analisi costi-benefici: proviamo a guardare la questione da un altro punto di vista. Siamo preoccupati per la nostra economia: la produzione cala e presto perderemo posti di lavoro. Perché? Abbiamo le debolezze interne che conosciamo e a queste si somma un contesto internazionale sempre più difficile per le “guerre dei dazi” tra Usa e Cina che coinvolgono anche noi e i nostri partner europei. Quando calano gli ordini, di solito si va a far vista ai clienti, magari con un’offerta vantaggiosa. Bene, la Francia è il nostro secondo cliente, dopo la Germania: compra dall’Italia 53 miliardi di dollari di beni l’anno e ce ne vende per 39, con un saldo netto a nostro favore di 13 miliardi di dollari.
“A chi interessa andare a Lione?”. Interessa a tutti: agli imprenditori, che comprano e vendono; ai lavoratori che hanno uno stipendio se c’è lavoro e anche a chi riceve una pensione e (forse) un reddito di cittadinanza, che potranno essere pagati solo con il prelievo della ricchezza prodotta da chi lavora, se ha clienti.
Noi, anziché andare con una buona offerta per cercare di portare a casa più lavoro, cosa facciamo? Rompiamo un trattato internazionale con la Francia, approvato dal Parlamento e solennemente firmato alla presenza delle più alte cariche dello Stato, solo perché una forza politica sponsorizza i violenti che da tempo si oppongono alla costruzione di un pezzo di ferrovia. La giustificazione che diamo ai francesi, che nel frattempo hanno speso centinaia di milioni, è che “una analisi scientifica” fatta dal prof. Ponti ha dimostrato che i nostri tecnici di prima, i tecnici del ministero francese e i tecnici dell’Unione Europea o hanno sbagliato a fare i conti (ignoranti) o hanno partecipato alla “mangiatoia” (corrotti).
Altri potranno mostrare perché l’analisi presentata non è attendibile, ma una vera recita a soggetto. Mi soffermo quindi sull’altro documento presentato dal ministro, la “relazione tecnico giuridica”; in burocratese c’è scritto: “Pertanto, nell’enunciare tali voci (i risarcimenti eventualmente dovuti, ndr) deve essere tenuto presente che l’importo relativo potrebbe essere addebitato solo all’esito di un procedimento complesso il cui risultato è del tutto impredicibile”. Tradotto in parole comuni: fammi pure causa e poi vedremo se trovi qualcuno che ti da ragione e che ha il potere di farmi pagare il danno che ti ho fatto.
Ci rendiamo conto del danno immenso che questo atteggiamento provoca alla nostra nazione e alle nostre imprese? Commerciamo ogni anno per 92 miliardi di dollari con i francesi e pensiamo di trattarli così, di fronte a tutto il mondo che guarda? Con che credibilità un nostro funzionario si siederà a difendere i nostri interessi in una trattativa internazionale, che si tratti di quote latte o di tutela dei nostri prestigiosi marchi? Con chi faranno contratti le nostre aziende?
Di tutto questo non c’è traccia nell’analisi costi-benefici e nemmeno nelle dichiarazioni degli uomini di governo, a sentire i quali possiamo fare a meno di francesi e tedeschi, magari confidando nella Russia, che ci compra 9 miliardi di dollari l’anno di prodotti. Solo il 17% di quanto fa la Francia!