Siamo soltanto degli ipocriti. E dei servi schiocchi, in molti casi. Incapaci anche di trarre almeno qualche vantaggio dall’essere schiavetti, più o meno volontari e volonterosi. Vogliamo parlare del sistema bancario? Un paio di esempi rapidi, partendo da un dato di fatto a livello globale: sapete qual è stata, nell’universo da triliardi di dollari di controvalore del comparto obbligazionario, l’asset che ha meglio performato da inizio anno? I bond con rating CCC, detti anche super-junk in gergo tecnico. Praticamente, immondizia impacchettata. Anzi, super-immondizia. La quale, però, come ci mostra il grafico più in basso, da gennaio ha garantito a chi la detiene profitti del 6%. Sapete nella classificazione di rating delle cosiddette “tre sorelle” (Fitch, Moody’s e Standard&Poor’s) a cosa corrisponde la classificazione CCC? Ve lo dico io, citando testualmente: “Default imminente con poche prospettive di ripresa”. Potete controllare, se non vi fidate. È uguale per tutte e tre.



Bene, questi fallimenti sotto forma di bond sono l’asset più richiesto del mercato, attualmente. Sintomo che la Fed ha fatto tornare non solo l’ottimismo, ma l’azzardo morale della peggior specie sui mercati, con la sua svolta natalizia da colomba rispetto a normalizzazione dei tassi e dimagrimento del bilancio attraverso le redemptions. E basta guardare gli spread in generale del comparto obbligazionario: tutti in calo, è tornato il grande ottimismo globale, unicorni per tutti! Bene, in questo clima da festeggiamento, reso ancora più allegro dall’ennesimo annuncio di quasi accordo fra Cina e Usa sul commercio e di compromesso fra Democratici e Repubblicani per evitare un nuovo shutdown federale, sapete cosa è successo martedì? Banco Santander, principale istituto bancario spagnolo, dopo giorni in cui ha tenuto i mercati in sospeso, ha deciso di non esercitare l’opzione call su un bond subordinato da 1,5 miliardi di euro: uno schiaffo agli investitori convinti che il gruppo avrebbe seguito la regola non scritta di rimborsare il bond, un contingent convertible o CoCo, che costituisce capitale Tier 1.



La prima banca spagnola, insomma, ha deciso nell’ultimo giorno utile per annunciare cosa avrebbe fatto con la call option esercitabile il 12 marzo, di non richiamare il bond, il quale ha una cedola del 6,25%. Un portavoce ha spiegato che Santander doveva valutare gli aspetti finanziari e «tener conto degli interessi di tutti gli investitori». Peccato che questa decisione rischi di colpire altre emissioni di banche europee, molte delle quali fronteggeranno un simile dilemma nei prossimi mesi. Santander ha probabilmente valutato più conveniente estendere la durata del bond perpetuo, su cui paga tassi inferiori a quelli attuali di mercato che si applicherebbero su una nuova obbligazione simile. Diciamo che in vita mia ho assistito a prove di forza e dimostrazione di solidità patrimoniale più convincenti. Ma c’è di peggio. Perché solo la scorsa settimana la stessa Santander ha emesso bond AT1 per 1,2 miliardi, ma questa volta denominati in dollari, di fatto piazzandoli però a investitori europei. I quali si sono lanciati come pazzi su quella carta, per il semplice fatto di essere convinti che una sua buona sottoscrizione avrebbe garantito l’esercizio dell’opzione sul bond subordinato in euro a scadenza: invece no, la logica è stata quella del prendi i soldi e scappa.



Il tutto, in un Paese che fa parte come noi del cosiddetto Club Med, ma che, a differenza nostra e del nostro sistema, ha già visto il comparto bancario salvato con soldi europei (50 miliardi) e che ha un governo sull’orlo della crisi. Ma il problema è l’Italia. E la Germania? La scorsa settimana, come certificato da Financial Times e Bloomberg, Deutsche Bank è tornata sul mercato obbligazionario per finanziarsi. Per l’esattezza con debito denominato in euro per 3,6 miliardi: tutto a posto, operazione portata a termine. Sapete a quale costo, però? Pagando 180 punti base sopra il benchmark per la carta a due anni, un tasso elevatissimo per un finanziamento a breve termine. Oltretutto, parlando della prima banca di Germania. E sapete sulla carta a 7 anni quanto ha pagato? Qualcosa come 230 punti base sopra al benchmark. Per fare una comparazione, il gigante del credito francese Bnp Paribas, non più tardi del mese scorso, ha pagato 50 punti base in meno su bond pari durata ma con scadenza un anno più tardi. E non basta, perché Deutsche Bank ha pagato a livello di interessi addirittura più della fallita e già salvata CaixaBank spagnola, la quale ha recentemente piazzato bond a 5 anni a 225 punti base sopra il benchmark.

E se queste performance vi hanno fatto scattare un’irrefrenabile voglia di investire, sappiate che il gigante teutonico dai piedi d’argilla quest’anno ha in programma di emettere altri 6 miliardi di euro in covered bonds, almeno 8 miliardi in bond senior privilegiati e 11 in senior non privilegiati. Accorrete numerosi! Anche perché, come ci mostra questo grafico, le prospettive di DB sembrano davvero rosee. Ciò che vi mostra è la comparazione fra i credit default swaps della banca numero uno di Germania e quelli della seconda, Commerzbank: di fatto, soggetti che il mercato prezza in procinto di fondersi entro l’estate, tanto per fare di due debolezze, una forza.

Bene, oggi il cds a 5 anni di DB è ancora più caro di quello di Commerzbank: ovvero, il rischio di default del presunto “cavaliere bianco” è più alto di quello relativo al soggetto da salvare. E questo, nonostante lo stesso cds di DB sia recentemente sceso di livello, dopo aver toccato il massimo da due anni. Infine, giova ricordare che la tanto vituperata Unicredit, ancora alle prese con il nodo dei non-performing loans, vede il proprio cds a 5 anni trattato a 20 punti base meno di quello di DB, i maestrini. Il tutto, giova ricordarlo, in un momento talmente ottimale per il mercato da vedere il super-junk di categoria CCC come il meglio performante di tutti.

Signori, vogliono gettare la croce e l’attenzione sull’Italia, per il semplice fatto che l’intero edificio europeo sta bruciando dalle fondamenta. Non cadete anche voi nell’inganno, nella provocazione e nella guerra permanente di campanili di questo Paese. Chi ci attacca è lo stesso che sta facendo guerra dall’interno ad Angela Merkel in Germania, per questo l’asse fra la Cancelliera e Giuseppe Conte fa tanta paura. In primis a Francia e Spagna, quest’ultima non a caso entrata a qualsiasi condizione – visto anche la salute politica del governo Sanchez – nel mini-direttorio nato ad Aquisgrana. Ma volendo scegliere, la Merkel vorrebbe un asse con Roma. E guarda caso, due giorni fa il Financial Times riprendeva con grande enfasi ed evidenza le parole della numero uno della Cdu, il partito della Merkel, Annegret Kramp-Karrenbauer in tema di immigrazione. Eccole: «Abbiamo detto molto chiaramente che faremo di tutto per assicurarci che quanto accaduto nel 2015 non si ripeta, dobbiamo rendere noto che abbiamo imparato la lezione». Un attacco frontale alla Cancelliera, partito come un siluro da dentro le mura di casa. E le minacce sull’oro di Bankitalia in arrivo da ambienti conservatori tedeschi e veicolate in Italia da Daniel Gros, non più tardi di mercoledì mattina in diretta ad Agorà su Rai 3, parlano altrettanto chiaro.

Attenti alla sindrome Tafazzi, perché ne mostriamo già palesemente tutti i sintomi.

(2- fine)