Niente è più difficile da contrastare di un pregiudizio. Vista da lontano Palermo è ancora e sempre la città della mafia e del malaffare, un esempio di cattiva amministrazione con tanti problemi irrisolti con in prima fila la criminalità, il traffico, la raccolta dei rifiuti, la speculazione edilizia. Visto da lontano il capoluogo siciliano è ancora e sempre il simbolo di un Mezzogiorno che vive sulla spesa pubblica, sull’assistenzialismo, sull’economia sommersa costruita sull’arte di arrangiarsi.
Forse è il caso, ogni tanto, di verificare pregiudizi e luoghi comuni andando a vedere da vicino la realtà delle cose perché ogni tanto, non sempre ovviamente, la storia cambia il suo corso e anche situazioni disperate possono trovare qualche via d’uscita se si riescono a unire la passione dei governanti e la partecipazione dei governati.
Per i Comuni, soprattutto per le medie e grandi città, non è peraltro un momento facile. Il vento del centralismo e l’incapacità di gestire la spesa pubblica da parte dei Governi hanno portato a progressivi tagli dei trasferimenti verso gli enti locali, tagli che sono stati solo in parte compensati dall’aumento delle tasse locali. Con meno soldi a disposizione è stato gioco forza ridurre gli sprechi, riorganizzare i servizi, migliorare la produttività.
Pur con molte difficoltà e qualche passo falso l’esperienza degli ultimi anni di Palermo è andata in questa direzione. Lo dimostra il libro di Luciano Abbonato Palermo tra emergenza e progetto (Rubbettino) in cui l’autore, assessore al bilancio, ai tributi, al patrimonio e alle partecipate dal 2012 al 2016, racconta la rivoluzione attuata negli ultimi anni, una rivoluzione che ha sicuramente bloccato la tendenza al degrado e ha ridato una prospettiva costruttiva alla vita cittadina.
“Questa vicenda – scrive Luciano Abbonato – dimostra che nel mondo pubblico, anche nelle condizioni più disperate, quando la situazione appare insanabile, c’è sempre la possibilità di intervenire in modo costruttivo e capovolgerne gli esiti se si riesce a fare sintesi tra una forte e autorevole guida politica, un’elevata competenza, anche tecnica, e una collaborazione tra tutti i soggetti interessati e in particolare i sindacati e il Consiglio comunale”.
Nel 2018 Palermo è capitale italiana della cultura dopo aver ottenuto il riconoscimento Unesco per i monumenti arabo-normanni e le cattedrali di Cefalù e Monreale, simbolo della fusione tra culture, identità, stili di vita diversi che compongono un mosaico fortemente unitario. Anche elementi come questi hanno aiutato una ripresa dell’identità cittadina e della volontà di partecipazione. “Un’esplosione di responsabilità”, così vengono definiti gli ultimi anni da Marco Vitale nell’introduzione, che aggiunge: “Credo che derivi dall’interagire virtuoso di tre fattori: la paura per la catastrofica situazione della città, la reazione dell’orgoglio cittadino, il rispetto per l’autorevolezza del sindaco”.
E i risultati si vedono: nei conti e nell’efficienza delle partecipate, nel rilancio del turismo, del porto e dell’aeroporto, nella pulizia e nella sicurezza nelle strade. Sì, la sicurezza perché, anche grazie aduna presenza capillare delle forze dell’ordine, Palermo è ora una delle grandi città con meno atti di criminalità. Certo, la mafia non è stata definitivamente sconfitta, ma comunque è stata costretta fare molti passi indietro. E di questo il sindaco Leoluca Orlando, va giustamente orgoglioso.
Mai come oggi per giudicare Palermo quindi non bisogna fermarsi ai pregiudizi o ai luoghi comuni. La realtà è molto diversa da come siamo portati a immaginarla.