Il 15 febbraio è stato pubblicato sul Sussidiario un interessante articolo di Giovanni Passali in cui sono riportati gli ultimi disastri attribuibili all’Europa e alla Bce. Il più evidente è il calo, o meglio il crollo – come lo stesso autore lo definisce – della produzione industriale, considerato che è pari al -5,5%. La precedente crisi finanziaria fu tamponata decidendo di stampare migliaia di miliardi di euro, utilizzando lo strumento non convenzionale del Qe. La nuova emissione aveva fatto avvertire alla Bce i primi segnali falsi di ripresa, inducendola a uscire dal Qe, anche per recuperare parte della liquidità prima diffusa. Falsi, perché l’aver stampato moneta, prosegue Passali, non crea ricchezza reale e sviluppo, concetto banale dimenticato dalla Bce, che invece li avrebbe accolti come veri, dimostrando pertanto totale incompetenza.



Richiamo l’attenzione che un organo tecnico non può essere incompetente; la scelta fatta con i tassi negativi, di fatto valida solo per i Paesi “no Pigs”, è stata escogitata per eliminare le perdite accumulate negli Stati core, incorniciandoli di una virtuosità a loro estranea. La riprova di quello che affermo mi viene suggerita da una tabella sulla crescita del Pil trovata su un sito (“Riscossa Italia-Veneto”, che indica i tassi di crescita annuali, alcuni cumulati, del Pil in termini percentuali reali calcolati su valori concatenati con anno di riferimento 2010), che qui riporto.



2008/

2014

2015 2016 2017
Mezzogiorno -13,2 1,5 0,8 1,4
Centro-Nord -7,1 0,8 0,9 1,5
Italia -8,5 1,0 0,9 1,5

 

I dati dimostrano che per il periodo 2008/2014 si sono riverberati sull’intera Italia gli effetti negativi della perdita della sovranità monetaria, ma le banche commerciali non erano ancora passate in proprietà a soggetti esteri, pertanto la perdita economica causata dall’euro nel Centro-Nord è stata in parte compensata dagli utili della sovranità monetaria che il Mezzogiorno aveva già perduto. Per gli anni successivi, invece, il Centro-Nord ha subìto la perdita della sovranità monetaria causata dalla svendita all’estero delle banche. Questo emerge soprattutto nel 2015, considerato che l’area core italiana non era ancora riuscita a porre in essere provvedimenti compensativi delle perdite, poi scaricate sul Mezzogiorno. Quest’ultimo, comunque, negli anni 2016 e 2017 mantiene un livello di crescita paragonabile a quello dei territori centro-settentrionali, nonostante la mancanza di infrastrutture dovuta alla politica del secolo successivo all’unità nazionale.



Tali dati vengono altresì confermati da quelli indicati nell’articolo del Sole 24 Ore richiamato dallo stesso Passali, dove si apprende che l’85% della liquidità aggiuntiva della Bce è finita nei Paesi del Centro-Nord Europa (Germania, Francia, Olanda, Belgio, Austria e Lussemburgo).

Le mie precedenti analisi sul comportamento della Bce e delle altre banche centrali europee aderenti all’euro dimostrano chiaramente che preferirei parlare di incompetenza dei soggetti preposti a tali organismi piuttosto che accusarli di complottismo. Ma non mi è possibile, perché i personaggi che ci hanno “regalato” quest’Europa non hanno avuto la capacità di esprimere qualcosa di nuovo e hanno pedissequamente copiato le scelte economiche dell’Italia post-unitaria, spostando la ricchezza negli Stati core con il semplice trasferimento della proprietà delle banche.

Ma la vicinanza dei dati italiani del Centro-Nord a quelli del Mezzogiorno per gli anni 2015/2017 mi induce a ritenere che, se non avessero defraudato il Sud, la ricchezza complessiva che si sarebbe potuta accumulare in Italia avrebbe fatto raggiungere migliori traguardi rispetto a quella che si è realizzata rubando al Meridione quello che aveva. Ciò prova che la globalizzazione non premia e che pertanto il processo in atto non porterà a un risultato finale di maggiore ricchezza.

Un ulteriore elemento probatorio a favore della mia analisi è rappresentato dal fatto che appena è stato dichiarato che la Bce avrebbe sospeso il Qe, la Germania ha fatto subito segnare un tracollo delle aspettative di crescita.

Qui concordo di nuovo con Passali: evidentemente la sospensione del Qe è stata dichiarata per attaccare un neo-governo anti-speculativo e ritenuto capace di arrestare il processo di trasferimento della ricchezza dai Paesi Pigs a quelli core. Ma il repentino tracollo per la Germania ha impedito che i mass media potessero addebitare al nuovo governo l’arretramento, inizialmente sventolato come conseguenza del nuovo vento politico italiano.

Ribadisco che l’Italia deve avere il coraggio di denunciare che il depauperamento economico finora subìto è diretta conseguenza di una moneta costruita per impoverire i Paesi del Sud Europa. Se non lo dovesse fare, essa si verrà a trovare verso il resto d’Europa in una condizione peggiore rispetto a quella del Mezzogiorno verso il resto dell’Italia. E ciò perché la lira, grazie alla legge bancaria del 1936, non si è mai rivelata così impoverente come invece è l’euro.