BOND PERPETUO UNICREDIT

C’erano pochi dubbi sul successo che avrebbe avuto il bond perpetuo emesso da Unicredit. La banca italiana ha collocato obbligazioni di questo tipo nell’ambito del piano di funding per il 2019 per a un ammontare complessivo di 1 miliardi di euro e le richieste arrivate da parte di circa 300 investitori istituzionali stranieri sono state superiori a 5 miliardi. Il perché è presto detto: il bond ha infatti una cedola del 7,5% l’anno, che sarebbe assicurata almeno fino al 2026. Il bond è infatti perpetuo, ma fra sette anni, e poi ogni cinque anni, Unicredit avrebbe la possibilità di un rimborso anticipato, togliendo quindi dal mercato questo tipo di onerosa obbligazione. Il titolo appartiene alla rischiosa categoria degli Additional Tier 1 (AT1) ed è anche per questo motivo che non è destinato ai risparmiatori retail. In caso di bail-in, un titolo di questo genere sarebbe coinvolto subito dopo le azioni e prima di tutte le altre obbligazioni subordinate.



I RISCHI DEL TITOLO

Come spiega Il Giornale, la cedola del 7,5% rappresenta una ghiotta opportunità di investimento, ma ci sono delle condizioni in cui potrebbe essere non pagata da Unicredit senza particolari problemi. Per esempio, nel caso l’esercizio venga chiuso in perdita o non venga distribuito dividendo, allora i possessori del bond perpetuo non incasserebbero alcuna somma per quell’anno. Inoltre, “il capitale rischia di non essere parzialmente o totalmente rimborsato nel caso gli indici patrimoniali scendessero sotto il livello prefissato: il ‘trigger’ del 5,125% sul Common Equity Tier1 (Cet1) prevede che, qualora il coefficiente del gruppo o di Unicredit spa scenda al di sotto di tale soglia, il valore nominale dei titoli sarà ridotto temporaneamente dell’importo necessario a ripristinarne il livello, tenendo conto anche degli altri strumenti con caratteristiche similari e stesso livello di subordinazione”. Insomma, un investimento potenzialmente redditizio, ma non privo di rischi.

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