Gli ultimi sviluppi del dibattito sulla Tav sembrano confermare un sospetto che ci attanagliava da tempo e cioè che il criterio vero non fosse mai stato numerico e che la decisione non fosse il frutto di un’analisi costi-benefici. L’ipotesi di mini-Tav, cioè di un progetto sensibilmente meno costoso di quello finito nell’analisi costi-benefici pubblicata qualche settimana fa, è osteggiato a prescindere dai nuovi numeri; non si entra nel merito di cifre che non sembrano essere mai state la ragione vera di una decisione. Visto che il progetto è frutto di un impegno del Governo italiano, che sono stati presi dei fondi e fatti lavori, la decisione di fermare il progetto dovrebbe essere pressa con moltissima cautela e solo con dei “numeri” estremamente sfavorevoli.



La domanda che un osservatore esterno inevitabilmente si pone è come mai non si rifaccia l’analisi con ipotesi diverse sul tracciato e sui relativi costi; la seconda domanda è come mai quelli che erano contrari dopo l’analisi costi-benefici non siano disposti a ritirare fuori le calcolatrici inserendo i nuovi costi. Dato che questo non avviene sembra si confermi il sospetto che i numeri non sono mai stati la ragione della decisione.



L’analisi costi-benefici non ha mai esplicitato alcune ipotesi chiave del “conto” e le valutazioni sulle possibili variazioni di traffico sono basate su un’estrapolazione di dati passati che diventano poco significativi di fronte a un’opera così “pesante”. Tutto ciò è coerente con l’assunto che certe opere non possono essere valutate con un foglio excel e che le decisioni avvengono sulla base di un futuro che si immagina o intravede, ma che non c’è.

La discussione sugli sprechi o sulle possibili “mangiatoie” sono ovviamente utili, ma non possono diventare un’obiezione a prescindere contro qualsiasi opera che ecceda la rotonda di paese. Se l’ideologia è che ogni opera “pesante”, sia essa un’autostrada nuova, un tunnel o una ferrovia, è il frutto della volontà di rubare dei soldi pubblici a beneficio esclusivo di qualche lobby, allora non c’è discussione possibile e non c’è nemmeno una via di uscita rispetto alla mera conservazione dell’esistente. Alla lunga questa posizione è talmente indifendibile che alla fine viene rigettata insieme alle legittime preoccupazioni per l’efficienza dei lavori e l’oculatezza delle spese.



Oggi assistiamo all’evoluzione di un dibattito che dall’esterno sembra lo scontro contro un no a prescindere; talmente a prescindere da non avere alcuna flessibilità rispetto ad alcuna nuova ipotesi.

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