Gli Stati Generali dell’Editoria italiana si aprono oggi a palazzo Chigi in un clima difficile, carico di tensioni. La media industry nazionale versa da anni in crisi pesante e chiede al Governo sostegni urgenti, rivendicando il proprio ruolo pubblico, di infrastruttura portante della democrazia. Il governo in carica tergiversa: sollecita editori e giornalisti a investire di più sull’innovazione e vuole un confronto ampio e approfondito, non limitato ai contributi straordinari per gli operatori tradizionali e dominanti. Sullo sfondo è ben visibile l’opposizione diffusa dei grandi media alla maggioranza giallo-verde; ma anche la dialettica fra i due partner di governo, anche sul versante dei rapporti con l’editoria.
Non ha sorpreso che di questo clima abbia fatto le spese – almeno nell’immediato – la proposta di dirottare sull’Inpgi (l’ente previdenziale della categoria) i contributi di tutti i giornalisti attivi, a cominciare da quelli operanti negli uffici stampa della Pa. Lo prevedeva un emendamento all’assestamento alla manovra proposto da Claudio Durigon, sottosegretario leghista al Welfare, che aveva raccolto un’ipotesi strutturata dalla stessa presidenza dell’Inpgi. L’iniziativa è stata però subito fermata da Vito Crimi, il sottosegretario pentastellato alla Presidenza del Consiglio. È stato Crimi, titolare della delega all’editoria, a volere gli Stati Generali e sarà lui ora a pilotarne i lavori: che prevedibilmente dureranno qualche mese e quindi oltrepasseranno le settimane cruciali della campagna elettorale per l’euro-parlamento.
Se quindi a palazzo Chigi si susseguiranno audizioni e dibattiti, il rapporto fra esecutivo, forze politiche e grandi media sarà concretamente alla prova ogni giorno. È quindi comprensibile il disappunto di editori e giornalisti, ma M5S – soprattutto – è inequivocabilmente preoccupato di staccare assegni in bianco troppo presto a un sistema dell’informazione che non ha mai fatto sconti alla maggioranza di governo, anzi.
Lo schema del “gioco di potere” non è peraltro sbilanciato a favore della politica: la grande stampa che invoca aiuti pubblici è concretamente controllata da società private quotate in Borsa, facenti ai gangli del capitalismo finanziario nazionale (Intesa Sanpaolo, Confindustria, famiglie Agnelli, De Benedetti, Caltagirone, Berlusconi, Monti-Riffeser). La stessa ipotesi operativa di sorreggere l’Inpgi con un allargamento ex lege della platea contributiva, ha come obiettivo oggettivo non solo la stabilità della gestione previdenziale dei giornalisti, ma anche l’ingente finanziamento degli ammortizzatori sociali in azione attraverso l’Inpgi presso numerosi grandi gruppi editoriali.