La gestione della finanza d’impresa richiede sia una visione di medio/lungo periodo, sia un forte realismo sulle dinamiche dei mercati finanziari. Da questo punto di vista occorre che le nostre imprese abbiano chiaro lo scenario in cui debbono operare in modo da poter anticipare scelte che in un prossimo futuro potrebbero essere precluse mettendo a rischio lo sviluppo o la sopravvivenza stessa dell’azienda.



Un recente studio di Equita Sim ha stimato che la nuova normativa sui crediti deteriorati delle banche, che richiede una svalutazione completa di tali crediti tra il 2024 e il 2026, porterà nei prossimi sette anni a una riduzione di un 15% dei prestiti con uno stock in meno di 185 miliardi rispetto ai dati attuali. L’aggiornamento semestrale effettuato dal Comitato di Basilea ha inoltre evidenziato che i fabbisogni di capitale delle banche sottoposte a vigilanza europea sono cresciuti portandoli a 30 miliardi per le banche di primo livello e a 6 miliardi per le altre, soprattutto a causa dei maggiori rischi di mercato.



Tali situazioni si incrociano con i dati dell’andamento del credito in Italia che, pur registrando un aumento delle richiese da parte delle imprese, come si evince dall’ultima indagine della Banca d’Italia, denota una forte rigidità nell’offerta da parte del sistema bancario soprattutto nei confronti delle microimprese. Le imprese con meno di 20 addetti hanno avuto un calo di credito bancario del 29,5% negli ultimi sette anni e del 2,2% nell’ultimo anno con punte del -38,3% nel Molise e del -36,8% nelle Marche. Sulla base di quanto evidenziato all’inizio, tale situazione non migliorerà, anzi nei prossimi anni è destinata a peggiorare significativamente.



Confrontarsi seriamente con questi dati impone un cambiamento radicale nella gestione della finanza d’impresa che deve necessariamente abbandonare una visione bancocentrica, com’è ancora oggi per i più. La strada di una visione di finanza integrata per le imprese si presenta come obbligata e sarà sempre più la discriminante tra chi potrà continuare a sviluppare la propria azienda e chi sarà progressivamente marginalizzato.

La finanza integrata oggi è una strada perseguibile sia per la classica pmi che per la microimpresa in quanto oggi esistono strumenti che possono essere utilizzati se si accetta di mettere in discussione una visione superata che non ha futuro accettando dei rapporti consulenziali che possono introdurre a queste nuove forme. Per le imprese più strutturate si sta sviluppando sempre di più il canale dei Minibond che ha visto nel 2018 200 nuove emissioni con un interesse crescente da parte degli investitori esteri, tanto che si registra anche un eccesso offerta rispetto alle operazioni disponibili, così pure il private equity nel 2018 ha raggiunto il record storico dei 10 miliardi di investimenti. Esistono inoltre una serie di strumenti più specializzati che utilizzano sia fondi pubblici che privati per le imprese che vogliono internazionalizzarsi o che hanno necessità di cedere crediti come ad esempio i crediti d’imposta o i crediti verso enti pubblici oppure che vogliono investire per l’aggiornamento tecnologico della propria azienda.

Gli strumenti di finanza integrata riguardano inoltre anche le microimprese che oggi possono attivare prestiti con fondi specializzati di microcredito o con i portali peer to peer lending oppure andare a gestire il capitale circolante con una serie di strumenti che possono impostare il ciclo finanziario senza ricorrere al crediti bancario. La finanza si sta velocemente evolvendo e ora sono già attivi una serie di strumenti con fondi sia privati che pubblici che possono intervenire direttamente nelle imprese.

Naturalmente la classica banca ordinaria manterrà il suo importante ruolo, ma perderà progressivamente la sua centralità. Le imprese che capiranno per prime questo trend saranno quelle che avranno un futuro in un contesto che sta cambiando velocemente e che richiede all’imprenditore un decisivo passaggio di consapevolezza.