Ancora nel Governo non è stato raggiunto un accordo sulla Tav e sembra che un’altra questione, legata ai trasporti e alle infrastrutture, stia creando divisioni all’interno dell’esecutivo, per di più irritando gli Stati Uniti: l’eventuale adesione dell’Italia al progetto cinese della Via della Seta. Queste due vicende, quella della Tav e quella della One Belt One Road, sono in realtà collegate, ci spiega Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.
In che modo sono collegate?
Se non si facesse la Tav, certamente ci sarebbero delle ripercussioni sul porto di Genova, che potrebbe finire così più facilmente nelle mire cinesi. Tutto sommato, quindi, a Pechino va più che bene la posizione del Movimento 5 Stelle, perché il no alla Tav consentirebbe di mettere le mani, a buon prezzo, sullo scalo ligure. Considerato che già controlla il Pireo, è chiaro che a quel punto la Cina andrebbe a sostituire nel Mediterraneo Stati Uniti e Regno Unito, che finora sono state presenti anche per accedere all’Africa e al Medio Oriente e contrastare la Russia. Le stesse ragioni che spingono i cinesi a essere lì. L’Europa, dopo aver fatto l’errore di aver lasciato la Grecia ai cinesi, si troverebbe con il rischio di lasciarci anche l’Italia.
Secondo lei il Movimento 5 Stelle sta facendo gli interessi della Cina?
Non sto dicendo che i 5 Stelle stiano facendo qualche affare in combutta coi cinesi, dico però che così troverebbero un modo per reperire fondi e impieghi economici senza seguire la via normale dell’economia di mercato, dello sviluppo, della modernità. Farebbero esattamente come gli africani, con la differenza che questi sono costretti, essendo arretrati e non potendo quindi scegliere facilmente la via dello sviluppo in modo autonomo – visto anche che l’Europa ha commesso il tragico errore di non essere presente in Africa con politiche di sviluppo, tranne, a modo suo, la Francia -, a mettersi nelle mani della Cina, che sta facendo neocolonialismo in Africa e ora vuole farlo anche in Europa. Essendo poco interessati allo sviluppo dell’Italia come nazione, i 5 Stelle in buona sostanza la svendono.
Crede che la Lega sia sulla stessa posizione riguardo alla Cina?
No. L’apparente sovranismo di M5s è diverso da quello della Lega. Quest’ultima sarà sovranista, ma è anche nazionalista, protezionista. E si è anche già schierata contro la concorrenza sleale cinese. La Lega deve difendere delle imprese, degli interessi economici, non può vedere di buon occhio la Cina. Questa spaccatura nel Governo aggrava la questione Tav.
Perché?
Perché se ci fosse la Tav, il porto di Genova non avrebbe bisogno affatto di accordi con la Cina, anche perché la linea ferroviaria ad alta velocità sarebbe vantaggiosa per tutti i paesi dell’Asia. Può darsi che i cinesi siano convinti che la Tav si farà tra un po’, magari dopo la caduta di questo Governo, nel frattempo sperano che non si faccia così possono comprare a buon prezzo il porto di Genova.
E se invece la Tav si facesse?
È evidente che se si facesse la Tav, i cinesi avrebbero scarse possibilità di attuare la Via della Seta nel senso politico-finanziario: la attuerebbero dal loro punto di vista mercantile, nel senso che avrebbero un vantaggio in Europa, dal punto di vista dell’interscambio, ma ci sarebbe anche la concorrenza di tutti gli altri paesi asiatici.
Per cui se aderissimo alla Via della Seta e contemporaneamente dicessimo sì alla Tav…
La Via della Seta diventerebbe una linea particolare con cui i cinesi si presenterebbero sul mercato europeo, ma arriverebbero anche altri paesi asiatici. In questo modo Pechino avrebbe poche chance di mettere le mani sul porto di Genova, dove invece avremmo investimenti finanziari e non già un investimento di dominio politico e in seconda linea finanziario. Non dobbiamo dimenticare che la finanza cinese è una finanza di Stato che ha come principale obiettivo quello politico.
Professore, la Via della Seta avrebbe però come approdo il Porto di Trieste, non quello di Genova.
Certo, perché Trieste è a est, ma anche Genova sarebbe importante, perché da lì si va verso l’ovest e il nord Europa e si è più vicini a un’area più industriale. Stare lì vuol dire avere sotto tiro il nucleo dell’industria e della tecnologia italiana.
Tirando le somme, tra due settimane Xi Jinping arriverà in Italia e nel frattempo il Governo dovrà decidere cosa fare sulla Tav. L’esecutivo può superare indenne questi passaggi?
Guardi, il punto è che se l’Ue ritira i finanziamenti il Governo crolla. Non si può supporre che l’Italia che è già in recessione rinunci a quest’opera e non sia messa sotto inchiesta dall’Ue. La quale non è mica detto che ci lasci rinunciare alla Tav. Potrebbe anche decidere che la parte italiana venga gestita dalla Francia, che non sarebbe certo dispiaciuta di ciò. Visto che ci sono di mezzo la Francia e i paesi dell’est europeo, l’Ue potrebbe prendere questa decisione, di fatto commissariandoci.
A quel punto si metterebbe un freno anche alle mire cinesi sul porto di Genova…
Certo. Siamo di fronte a una questione politica importante. I 5 Stelle o hanno effettivamente una politica estera diciamo anti-atlantica, anti-europea, finanziata e sostenuta da interessi non europei, non americani e neanche russi, quindi per forza di cose cinesi, oppure fanno come gli africani, ritenendo che non ci sia strada per lo sviluppo economico se non quella di mettersi nella mani altrui per tirare a campare. Quindi se prendiamo la via del declino, questa ci porterà alla Cina. Ovviamente se ci fosse un’Europa vera, tutto questo discorso sarebbe diverso. Ora c’è un rapporto con gli Stati Uniti che, anche se non mancano elementi di ambiguità, è basato sul libero scambio: il Patto atlantico non è stato fatto nell’ottica di conquistarci.
(Lorenzo Torrisi)
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