C’è un’affermazione fatta dal presidente del Consiglio Conte nella conferenza stampa di giovedì che deve preoccupare più di ogni altra: “…se nei giorni scorsi io stesso avevo un poco dubitato della fondatezza e plausibilità dell’elaborato che ci era stato consegnato, devo dire che ieri, dopo uno stress test durato molte ore, mi sono convinto che l’elaborato che ci è stato consegnato è un elaborato che, con dovizia di particolari, illustra molto approfonditamente quello che è il suo compito, cioè consegnarci una plausibile e fondata analisi costi-benefici”.
Dunque, il metodo seguito da prof. Ponti e dalla sua équipe è, a parere del presidente Conte, idoneo a fornire una fondata analisi costi-benefici: la conseguenza di questa autorevole validazione è dirompente, perché dà il potere al ministro Toninelli e alle forze che lo sostengono di bloccare tutte le opere. Il “metodo Ponti”, infatti, ha già detto che non si sarebbe dovuto fare il terzo valico dei Giovi per collegare i porti liguri con la Pianura Padana, né la Torino-Lione. Applicando coerentemente la stessa metodologia, dirà che non si deve fare il tunnel di base del Brennero, il raddoppio della linea ferroviaria tra Brescia e Padova ma neppure l’alta velocità tra Napoli e Bari. Sempre utilizzando quella particolare metodologia, il prof. Beria, componente del gruppo di lavoro, ha già sostenuto che il prolungamento della metropolitana di Milano da Sesto a Monza sia un’operazione antieconomica e quindi dannosa: se non facciamo una metropolitana nel punto più densamente abitato, ricco e congestionato d’Italia dove dovremmo farla? Da nessuna parte! Appunto.
Ci troviamo quindi di fronte al grimaldello perfetto per bloccare ogni sviluppo infrastrutturale nel nostro Paese, perché fornisce dignità “scientifica” a due posizioni assolutamente minoritarie: chi sogna la “decrescita felice”, come piccoli gruppi di intellettuali, e chi vede ovunque “la casta” e considera ogni investimento infrastrutturale motivato solo dal desiderio di guadagno, lecito e soprattutto illecito, di chi sarà chiamato a operarlo.
Ho partecipato a numerosi dibattiti in questi ultimi tempi e mi sono sentito rivolgere domande del tipo: “Perché l’economia occidentale del XXI secolo, sempre più dematerializzata ed a più alto valore aggiunto, può avvantaggiarsi e dinamizzarsi grazie ad una linea ferroviaria?” Altri, più rozzamente, hanno spiegato che le ferrovie non servono più, perché ci sono le stampanti 3D. Solo intellettuali astratti vedono un’economia sempre più dematerializzata: l’Italia è il 5° Paese al mondo per esportazione di beni (fisici) mentre l’esportazione dei servizi (immateriali) è solo un quinto di essi. Muoviamo ai nostri confini 619 milioni di tonnellate ogni anno. Il nostro punto di forza è la manifattura: lì ci sono i nostri posti di lavoro, lì si produce la ricchezza che serve, non dimentichiamolo, anche per pagare le pensioni e il reddito di cittadinanza. Per questo tutte le associazioni imprenditoriali si sono mosse insieme (per la prima volta) chiedendo un cambio di strategia; per questo le organizzazioni sindacali si sono mosse insieme agli imprenditori (per la prima volta).
Non è questo il luogo per riprendere la valanga di critiche mosse da tutti gli esperti allo strano mix di metodologie del gruppo di lavoro (una sorta di fanta-analisi costi benefici dove, come nel fantacalcio, si può scegliere per ogni ruolo la metodologia che meglio porta al risultato voluto): chi volesse approfondire queste questioni può, ad esempio, consultare in rete le presentazioni fatte da alcuni tra i massimi esperti ad un convegno organizzato dal Collegio Carlo Alberto di Torino con a tema “Fondamenti tecnici dell’analisi costi-benefici”.
A me preme lanciare un allarme verso un potere che usa una supposta “scienza” per coprire il proprio modo arrogante di agire: il primo ministro Conte non ha voluto che all’incontro da lui convocato partecipasse il prof. Coppola, che era stato invitato dal sottosegretario Giorgetti proprio perché esperto di costi benefici, essendo l’estensore delle linee guida approvate nel 2015 dal ministero dei Trasporti. Il prof. Coppola è l’unico degli esperti nominati dal ministro Toninelli che ha criticato il metodo del gruppo di lavoro, non sulla stampa, ma con una dettagliata nota metodologica inviata riservatamente al ministro, il quale, dopo aver letto le conclusioni della nota, ha deciso di non voler incontrare più l’esperto che aveva nominato e ha deciso di escluderlo dalle successive analisi. La colpa del prof. Coppola è stata detta in modo molto chiaro da Toninelli: “È un ingegnere che dice quello che pensa lui”. E gli altri?